Gian Piero de Bellis

 

Poliarchia : un Manifesto

(2000)

 


 

Parte II

il Passato/Presente


18.  Lo stato assume il controllo

19.  Imperialismo

20.  Militarismo

21.  La fine del capitalismo

22.  La fine del socialismo

23.  La resa finale

24.  Dal capitalismo/socialismo allo statismo

25.  Statismo (origine e tipologia)

26.  Socialismo/comunismo

27.  Fascismo/nazismo

28.  Dirigismo/assistenzialismo

29.  Lo statismo come sistema mondiale (XX secolo)

30.  Statismo : i pilastri di base (guerrafondismo-assistenzialismo)

31.  Statismo : il sistema culturale

32.  Statismo : il sistema economico

33.  Statismo : il sistema politico

34.  Statismo : aspetti positivi

35.  Statismo : aspetti negativi

 


 

18.  Lo stato assume il controllo  (^)

Contemporaneamente al nazionalismo, due cibi sarebbero diventati sempre più l'alimento di base delle masse, conditi in vari modi dallo stato ora più che mai in combutta con il capitalismo e il socialismo degeneri (vale a dire, burocratici e monopolizzatori). Questi alimenti erano :

- l'odio razziale

- l'odio di classe

La lotta per il potere politico fu condotta da gruppi che gareggiavano per ottenere il supporto delle masse e che, a tal fine, erano disposti a suscitare passioni irrazionali per motivi ignobili.

L'odio rivolto contro gli 'altri', i 'diversi', gli appartenenti ad una differente religione, cultura, tradizione, modo di vita, credenza politica, questo odio divenne, in Europa, moneta corrente alla fine del XIX secolo.

Gli Ebrei, in genere, furono il capro espiatorio, il comodo bersaglio per sviare l’attenzione da crisi o misfatti dello stato. Dall'affare Dreyfus in Francia fino alla soluzione finale messa in atto dai nazional socialisti, e anche oltre, attraverso il XX secolo, l'odio di razza e l'odio di classe, suscitati e promossi dallo stato, si sono fusi a creare una miscela intossicante.

Questa miscela, basata sul nazionalismo come ingrediente di base, ha prodotto due risultati principali:

- imperialismo

- militarismo

Occorre focalizzare l'attenzione su questi due fenomeni (imperialismo, militarismo) in quanto essi rappresentano il punto di passaggio verso la scomparsa (totale) sia del capitalismo che del socialismo e l'emergere del virus (lo statismo) che ha infettato comunità e individui a partire dalla fine del XIX secolo e per buona parte del XX secolo. Questo periodo è stato contrassegnato dal dominio degli stati nazionali e dai disastri e dalle distruzioni di cui essi sono stati i mandanti e gli esecutori.

 

19.  Imperialismo  (^)

L'imperialismo è lo stadio iniziale dello statismo.

Nel passato, mercanti e avventurieri, pellegrini e missionari, hanno attraversato gli oceani, messo piede su territori sconosciuti; intere popolazioni sono emigrate ed hanno occupato terre, si sono mescolate con popolazioni indigene, si sono insediate e hanno colonizzato nuove regioni.

Quando lo stato mercantilista fece la sua comparsa sulla scena mondiale, l'obiettivo della colonizzazione divenne quello di trovare ricchezze di cui appropriarsi, soprattutto oro e argento, in quanto si riteneva che tali metalli rappresentassero una crescita della ricchezza e del potere dello stato.

Questa politica statale divenne nota sotto il nome di colonialismo.

Durante il periodo di sviluppo del capitalismo (dalla fine del XVIII alla fine del XIX secolo) il colonialismo ebbe quasi una battuta di arresto. Lo stato, il principale promotore e sostenitore del colonialismo, non rappresentava più il centro del potere; al tempo stesso, i nuovi e dinamici poteri rappresentati dagli imprenditori e dai commercianti del fiorente capitalismo erano tutti presi dalla produzione e commercializzazione di beni e dall'invenzione e perfezionamento di nuovi strumenti meccanici.

La situazione si modificò notevolmente allorché venne instaurato un sistema di stati nazionali in Europa e nel momento in cui il capitalismo aveva messo in piedi una macchina produttiva così potente da rendere possibile il mantenimento di strati parassitari in continua crescita (la burocrazia e le sue appendici sociali).

A quel punto sia il colonialismo che gli avamposti e i depositi su cui si basava il commercio capitalistico, divennero realtà del passato ed un nuovo fenomeno fece la sua comparsa : l'imperialismo.

Il dominio imperialistico fu costruito, in molti casi, sulla base degli esistenti avamposti commerciali; ecco una delle ragioni per cui il capitalismo è stato associato e identificato con l'imperialismo. Ma l'imperialismo (dominio politico) non costituiva un portato necessario né del capitalismo (profitto economico) né dello sfruttamento economico pre-capitalistico. Infatti, prima dell'avvento del capitalismo, enormi guadagni furono realizzati con il commercio degli schiavi basandosi su piccole stazioni commerciali sparse lungo la costa africana del Senegal, senza che vi fosse alcuna necessità per gli schiavisti bianchi di occupare un paese o, persino, di penetrare al suo interno.

Per quanto poi concerne il capitalismo, esso era interessato a produrre e commerciare beni, non ad occupare o amministrare territori. Aveva bisogno di avamposti commerciali, non di un territorio, di una capitale o di una burocrazia.

La tesi che dietro ad ogni avventura imperialistica vi fossero favolosi guadagni economici, ricchezze e tesori indescrivibili, è così plausibile da essere (quasi) universalmente accettata anche quando pienamente sconfessata dai fatti. Chiaramente questa credenza ha fatto molto comodo allo stato quando ha dovuto trovare giustificazioni razionali per le sue follie di potenza. Ma, in realtà, l'imperialismo, nel suo complesso, è stata una avventura estremamente costosa che nessun capitalista sensato avrebbe mai preso in considerazione o intrapreso se fossero state in gioco le sue personali fortune.

Solo il nazionalismo statale, sfruttando la potenza produttiva del capitalismo, poteva produrre l'imperialismo.

Ma l'aspetto più rilevante da tener presente è che, dietro l'imperialismo, quale promotore e sostenitore, vi era la crescente massa della burocrazia statale e il ruolo crescente giocato dall'apparato militare.

 

20.  Militarismo  (^)

Il consolidamento degli stati nazionali e le loro avventure imperialistiche richiedevano servitori non solo con la penna (burocrati) ma anche con la spada (soldati).

Le spese militari crebbero considerevolmente tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. In Germania esse passarono da 10 milioni di sterline inglesi nel 1870 a 110 milioni nel 1914 (una crescita di 10 volte); in Gran Bretagna, durante lo stesso periodo, esse crebbero da 23 a 76 milioni.

Con le spese crebbe l'arroganza della casta militare, stimolata e rafforzata dalla ambigua follia del patriottismo, così rispettabile in apparenza, e così profondamente marcio in profondità.

In Francia tutto ciò appare ben visibile nel tragico e farsesco sviluppo dell'affare Dreyfus, con la casta militare assetata di sangue, pronta a mentire ad ogni occasione, cercando di mettersi al riparo a qualsiasi costo.

In Germania, l'attitudine militaristica dei prussiani, tenuta in così alta stima nell'intera Europa, era pronta a coinvolgere altri stati del continente nel massacro della guerra.

La prima guerra mondiale non scoppiò per caso ma fu il risultato inevitabile di una crescita del militarismo alimentata dal nazionalismo e dall'imperialismo di ogni singolo stato.

La corsa alla spartizione dell'Africa rappresentò la fase di irrobustimento bellico dello stato nazionale, la preparazione preliminare alla guerra totale.

Il colpo di pistola a Sarajevo sarebbe diventato il pretesto per la fine del breve interludio del liberalismo e avrebbe costituito la miccia per eventi che, in breve tempo, avrebbero condotto al superamento definitivo del capitalismo e del socialismo.

 

21.  La fine del capitalismo  (^)

La crescita congiunta del militarismo e del nazionalismo contribuì ad indirizzare il capitalismo lungo la strada della burocratizzazione e delle pratiche monopolistiche.

A partire dalla Germania, il protezionismo, indebolito sotto il capitalismo ma mai del tutto estirpato, si era nuovamente rafforzato verso la fine del XIX secolo.

In effetti, già da allora, il sistema capitalistico nel suo complesso non era più un sistema dinamico e progressista come era ritenuto e presentato sia da sostenitori che da avversari. Nuovi potentati economici (i trusts e le grandi imprese) avevano accresciuto enormemente la loro presa sull'economia mentre riducevano al minimo rischi e responsabilità (società a responsabilità limitata). In alcuni casi, monopoli e cartelli, favoriti dal risorgente protezionismo, si erano già fatti gioco del libero mercato (la cosiddetta mano invisibile); in altri casi, industrie vecchie e sorpassate supplicavano l'aiuto dello Stato (finanziamenti, tariffe, ecc.) nella vecchia tradizione della politica mercantilista.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, lo stato, quasi ovunque, assunse il controllo delle ferrovie, della navigazione marittima, delle riserve d'oro, e di alcuni materiali strategici.

Dopo la guerra, lo stato tedesco controllava l'allocazione e l'uso di più del 50% del reddito nazionale; in Italia, nel 1934, Mussolini poteva vantarsi del fatto che i 3/4 dell'economia fossero nelle mani dello stato.

Fu in quel frangente che lo stato si ritenne pronto a controllare e dominare non solo l'economia ma l'intera società. E, sottomesso ad una logica di nazionalismo, protezionismo e monopolismo, il capitalismo era oramai disposto ad accettare una posizione subordinata nei confronti dello stato, a svolgere, negli anni a venire, il ruolo di utile idiota da strapazzare per qualsiasi occorrenza andasse storta, la docile mucca da mungere per qualsiasi risorsa andasse spremuta. E questo ruolo il capitalismo l'accettò per essere lasciato vegetare, anche se in una forma degenerata.

L'imposizione da parte dello stato di politiche neo-mercantiliste basate sul protezionismo strangolò il commercio mondiale e fu responsabile delle crisi ricorrenti e della lunga depressione, entrambi attribuiti al funzionamento del capitalismo. Per un lungo periodo durante la prima metà del secolo XX  la produzione ristagnò o crebbe molto lentamente pur in presenza di bisogni insoddisfatti. Fu solo durante la seconda metà del secolo, con l'abolizione di molte tariffe doganali (1948 Gatt, 1957 Mercato Comune Europeo) che le persone iniziarono a godere di un innalzamento del tenore di vita. Il contributo dello stato nella prosperità post bellica è nullo, a meno che non si voglia far passare per merito il fatto che lo stato ridusse la sua presenza asfissiante e il suo controllo rovinoso sul commercio 'estero' (ma non certo sugli affari 'interni').

Che, nella prima metà del secolo XX, il capitalismo venisse purgato e liquidato dallo stato, appare in maniera estremamente chiara ed esemplare nel trattamento riservato agli ebrei. Se vi erano individui che rappresentavano in pieno lo spirito del capitalismo (internazionalismo, liberalismo, calcolo economico, ecc.) questi erano gli Ebrei. E il secolo XX, il secolo dello statismo, ha visto la discriminazione, ghettizzazione e lo sterminio delle comunità ebraiche da parte dello stato in vari paesi d'Europa.

La fine del capitalismo e la sua sostituzione con lo statismo e la sua politica neo-mercantilista, può essere datata, in Europa, dallo scoppio della prima guerra mondiale. Da quel momento in poi, l'Europa sarebbe stata dominata da un regime di protezionismo e di dirigismo amministrato dagli stati nazionali.

 

22.  La fine del socialismo  (^)

L'ascesa del capitalismo e il moltiplicarsi delle fabbriche aveva significato una crescita notevole del numero degli operai dell'industria.

Sul fronte politico, l'estensione del diritto di voto rappresentava la possibilità, per i lavoratori, di eleggere propri rappresentanti al parlamento nazionale.

Per migliorare le condizioni di vita delle masse dei lavoratori, si formarono in tutta Europa partiti socialisti (laburisti, operai) e sindacati. I partiti e i delegati di partito, se da un lato introdussero una maggiore disciplina e continuità nella lotta per l'emancipazione operaia e per il miglioramento delle condizioni di vita, dall'altro divennero sempre più agenti esterni che assunsero il controllo delle masse e le manipolarono per i loro fini (di reddito, sicurezza, potere).

Una nuova burocrazia emerse. La dinamica della sua ascesa assomigliò a quella della burocrazia statale : la produzione rese possibile alimentare nuovi strati parassitari, in questo caso strati provenienti dalla classe operaia o parteggianti per la classe operaia. I burocrati di partito divennero i fabbricanti e i mediatori dei conflitti, sostituendosi all'azione diretta e al processo di autoemancipazione dei lavoratori.

Il potente partito socialdemocratico tedesco si modellò sull'esercito prussiano e divenne l’esempio da seguire per gli altri partiti socialisti europei.

Come nel caso del capitalismo, la fine del socialismo fu, prima di tutto, una débâcle morale che distrusse lo spirito (l'anelito verso il socialismo) conservando il cadavere (la burocrazia di partito).

Molte sono le pietre tombali che hanno marcato la morte del socialismo :

- Gennaio 1919 : Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht uccisi per mano di gruppi paramilitari (i Freikorps) con la connivenza del ministro dell'interno, il socialdemocratico Noske;

- Marzo 1921 : repressione sanguinosa dell'insurrezione di Kronstadt da parte dei comunisti bolscevichi;

- 1936-1937 : diffamazione e soffocamento del movimento anarchico da parte dei comunisti durante la guerra civile in Spagna.

Queste pietre tombali marcarono anche morti fisiche. Ma nulla è stato più rappresentativo della fine del socialismo per degenerazione interna, che il voto pressoché unanime dei rappresentanti parlamentari della socialdemocrazia tedesca a favore dei crediti di guerra (Agosto 1914)

Da quella data in poi, il termine 'socialista' (come in 'partito socialista') non faceva già più riferimento, in alcun modo, ai concetti di libertà, emancipazione, internazionalismo e pacifismo, vale a dire, ai concetti base del socialismo.

 

23.  La resa finale  (^)

L'apice di tutta questa dinamica che, alla fine, instaurò il dominio mondiale di un nuovo sistema di potere basato sullo stato, si realizzò un martedì, alla fine di ottobre dell'anno 1929.

Il 29 ottobre del 1929, la borsa americana crollò e il suo crollo compromise per sempre la reputazione del capitalismo come sistema di regolazione economica, in grado di sostenersi senza regole imposte dall'esterno. Dopo quel memorabile evento, il capitalismo risultò totalmente e irrevocabilmente morto, in teoria e in pratica.

La fabbricazione di quell'evento e del risultante sentimento anti-capitalistico fu un colpo geniale del governo federale degli Stati Uniti d'America.

Al tempo in cui si svolsero gli avvenimenti, la parola 'capitale' indicava più pezzi di carta, fossero essi biglietti di banca o azioni, che non macchinari produttivi; e questo la dice lunga sulla trasformazione del termine 'capitale' e del mondo dai tempi di Adam Smith. In realtà, il così detto 'capitalismo' aveva subito una trasformazione così grande (dall'industria alla finanza, dal libero commercio al protezionismo, dal laissez-faire al dirigismo) che sarebbe stato molto più appropriato (da un punto di vista teorico  e pratico) affermare che esso era morto piuttosto che si fosse modificato. Ma questa sincera dichiarazione di decesso non faceva comodo né allo stato, il nuovo occulto padrone, né alla gente in generale, che ancora fantasticava di libertà di commercio, di libera impresa, di equilibrio nei conti economici, realtà da tempo scomparse o che, in alcuni paesi, non erano mai esistite.

Negli Stati Uniti, almeno a partire dalla guerra con la Spagna (1898) e dalla presidenza di Theodore Roosevelt, il governo federale, vale a dire l'amministrazione centrale dello stato, aveva iniziato ad intervenire e ad interferire nella sfera economica delle piccole e grandi imprese.

Nel 1913 la banca centrale (la 'riserva federale') era stata istituita per porre fine alla cosiddetta 'anarchia' del capitalismo e offrire un rimedio contro il fallimento delle banche che, negli ultimi 20 anni, aveva coinvolto 1748 istituti.

Il protezionismo era in ascesa. Il governo degli Stati Uniti era stato altamente protezionista sin dalla fine della Guerra Civile (1865) e successivamente (1890) con le disposizioni tariffarie ultraprotezioniste di McKinley. Il decennio che vide il grande crollo iniziò con le tariffe protezioniste del decreto Fordney (1922) e si concluse con una ulteriore crescita delle barriere doganali con le disposizioni tariffarie Hawley-Smoott (1930).

Il colpo geniale del governo federale americano fu dunque quello di distruggere la libertà nella produzione e nel commercio attraverso una serie di controlli e di restrizioni, mentre rinfacciava al capitalismo, o a quello che ne era rimasto, di abusare di una libertà (chiamata, in tono dispregiativo, anarchia) di cui non godeva più già da parecchio tempo.

La crisi si produsse come risultato della incompatibilità tra uno stato mercantilista (cioè protezionista) in rapida ascesa e una economia capitalista (cioè di libero mercato) in via di scomparsa. Questo contrasto creò squilibri che furono attribuiti al funzionamento di un capitalismo senza regole, e quindi giustificarono ulteriori dosi di interventismo statale (neo-mercantilismo).

Che lo stato non fosse la soluzione risulta molto chiaro dal fatto che, durante i successivi 20 anni di controllo bancario da parte della banca centrale americana, i fallimenti salirono alla cifra sbalorditiva di 15.502 (una crescita di nove volte). E questo fatto portò ad un ampliamento dei poteri della banca centrale e ad un più vasto intervento statale, noto sotto il nome di 'New Deal'. Meno funzionava la medicina statale, più se ne prescriveva.

Possiamo segnare il grande crollo del '29 e il successivo New Deal come gli atti finali del superamento del capitalismo e dell'ascesa dello statismo a una posizione di dominio a livello mondiale.

 

24.  Dal capitalismo/socialismo allo statismo  (^)

La prima guerra mondiale e i successivi malesseri ed eccessi, fino al grande crollo del '29, furono i fenomeni visibili di una crisi gigantesca che gettò capitalismo e socialismo, o meglio quello che ne era rimasto, in una condizione di spossatezza totale, da cui non sarebbero più usciti vivi, né in Europa né altrove.

Non occorre dire che, come taluni elementi di feudalesimo sopravvissero in mezzo allo sviluppo del capitalismo, così elementi di capitalismo e di socialismo (entrambi in una forma degenerata o mutilata) sopravvivono nel periodo di dominio dello statismo, ma in una posizione di totale subordinazione.

La fine del capitalismo e del socialismo è marcata da tre perdite :

- la scomparsa del liberalismo : la libertà si contrae a vantaggio dell'assistenzialismo e del protezionismo (sottomissione, controlli, restrizioni);

- la scomparsa dell'individualismo : gli individui cedono il passo alle masse, ai partiti e agli apparati burocratici;

- la scomparsa del razionalismo economico : il calcolo economico è sostituito da considerazioni di potere, di prestigio e di clientelismo.

Accanto a queste perdite deplorevoli, la sola cosa che sopravvisse fu una potente macchina di produzione e una schiera disciplinata di lavoratori industriali, prodotti del capitalismo e del socialismo, ed ora al servizio e a disposizione dello stato per la estrazione di risorse e per la produzione di strumenti bellici.

A dire la verità, qualcosa d'altro sopravvisse : le voci 'capitalismo', 'socialismo', 'liberalismo' vennero conservate, a designare quelli che erano oramai diventati gusci vuoti, pronti ad essere riempiti e utilizzati nella lotta politica per l'uso e la convenienza dei mascalzoni dello statismo. Su ciò va fatta estrema chiarezza. Come il termine 'capitalismo' in uso durante il XX secolo non ha nulla a che vedere con il fenomeno storico della libera impresa che si sviluppò soprattutto durante il secolo XIX, così i vocaboli 'socialismo' o 'liberalismo' in uso durante il XX secolo hanno subito una totale trasformazione di significato, rispetto al secolo precedente, da non essere più utilizzabili in maniera storicamente sensata come termini validi in riferimento alla realtà attuale.

E così, dalla scomparsa del capitalismo e del socialismo e dall'incrocio incestuoso dei resti degenerati del cosiddetto capitalismo e socialismo, venne al mondo lo statismo.

 

25.  Statismo (origine e tipologia)  (^)

Lo stato è il potere costituito per la preservazione e perpetuazione degli strati parassitari e statismo è il termine generale che si applica a tutte le ideologie e realtà che mirano ad espandere e consolidare il potere dello stato.

L'origine dello statismo può essere fatta risalire alla prima guerra mondiale e all'incredibile espansione del ruolo dello stato che ne risultò. Le guerre, come affermato da Randolph Bourne, sono la salvezza e il benessere dello stato. Esse portano, quasi inevitabilmente, ad una situazione in cui le persone sono pronte a sacrificare la libertà in cambio della sicurezza e di solito si affidano, per vedersi garantito un minimo di sicurezza, proprio a coloro che, più di tutti, l'hanno compromessa (lo stato e soprattutto l'apparato militare dello stato). E lo stato, di solito, pretende per il ristabilimento della sicurezza, che le persone tacciano e obbediscano e combattano e si facciano ammazzare in guerra.

La storia ha molte volte mostrato, a partire da quel colpo di pistola a Sarajevo all'inizio del XX secolo fino ai molti colpi sparati a Sarajevo verso la fine dello stesso secolo, che il silenzio e l'obbedienza richiesti o imposti dallo stato hanno prodotto solo abominevoli tragedie in cui la sicurezza e la libertà non solo non sono state assicurate ma non sono neanche sopravvissute.

Il binomio "legge e ordine" che è il segno distintivo dello stato e la giustificazione vera della sua esistenza, è diventato sinonimo di oppressione e di disordine. In effetti, la proliferazione di leggi da parte dello stato per cercare di tenere ognuno e ogni cosa sotto il suo controllo, ha prodotto un fenomeno di 'disnomia', vale a dire, leggi che provocano disordine materiale e morale.

Il termine statismo si applica ad un sistema di potere caratterizzato dal controllo e dominio (assoluto o relativo) da parte dello stato nei confronti di ogni realtà e attività, con la soppressione o sottomissione di ogni corpo  intermedio o antagonista. Chiaramente non vi è nessuna entità fisica chiamata 'stato' ma burocrati di ogni tipo nei vari settori (politico, amministrativo, giudiziario, militare, finanziario, ecc.) che lavorano in pieno accordo per l'alimentazione degli strati parassitari di cui essi sono il nucleo centrale.

La vecchia terminologia è rimasta alla superficie (ad esempio, società capitalistica, lotta per il socialismo) come una cortina fumogena, un diversivo utile per i burocrati e da usare in momenti di difficoltà.

Lo statismo si è manifestato sotto tre principali forme e denominazioni :

- socialismo/comunismo

- fascismo/nazismo

- dirigismo/assistenzialismo.

Come già più volte ripetuto e rimarcato, le parole non dovrebbero trarre in inganno. Il 'socialismo' di cui si tratta non ha nulla a che vedere con le idee elaborate e sostenute con le lotte, soprattutto durante la prima metà del XIX secolo. Il 'socialismo' di stato a cui si fa riferimento, mostra molti lati in comune e molte somiglianze con il fascismo e il nazismo (vale a dire il nazional socialismo) e in effetti parecchi individui (Mussolini, Laval, Quisling, tra gli altri) sono passati da un movimento all'altro come tornava più proficuo per le loro ambizioni di potere . Ed anche il termine assistenzialismo (welfare) sotto l'egida dello stato non ha nulla a che fare con il benessere fisico e mentale di individui e comunità.

 

26.  Socialismo/comunismo  (^)

Il primo chiaro esempio di statismo si manifestò nel più arretrato e assolutista stato d'Europa : la Russia.

La Russia, all'inizio del XX secolo, era ancora una società feudale che non aveva quasi nulla di capitalismo e assolutamente nulla di liberalismo.

Allo stesso modo in cui, in Inghilterra, l'esistenza di condizioni di libertà aveva creato i pre-requisiti per la nascita della rivoluzione industriale, così in Russia, la mancanza di libertà e l'esistenza di una vasta burocrazia sotto un despota assoluto, rappresentarono le condizioni ideali per la crescita dello statismo.

L'avere definito la rivoluzione d'ottobre come una rivoluzione socialista è stato il frutto o di un auto inganno o di una mistificazione della realtà. Nulla, dal punto di vista teorico o pratico, concorreva a sostenere questa credenza, al di fuori di una fraseologia socialista. Troppo poco, per non dire altro.

In effetti, la rivoluzione d'ottobre ha segnato solo il passaggio dal feudalesimo al mercantilismo sotto una nuova dirigenza politica.

Quasi fin dall'inizio, questa rivoluzione ha favorito e imposto gli stessi principi mercantilisti che saranno poi in vigore negli anni a venire :

- interventismo : lo stato promuove e controlla totalmente l'industria e il commercio;

- fiscalismo : lo stato mira ad estrarre il massimo di risorse attraverso la tassazione, fino alla espropriazione totale e eliminazione fisica (come nel caso dei kulachi);

- egemonismo : lo stato si batte per una politica espansionista e per l'imposizione di termini di scambio diseguali (ad esempio nei rapporti con le altre nazioni o con i cosiddetti 'paesi fratelli', vale a dire paesi satelliti o subordinati).

Fu questo mercantilismo che fu salutato e celebrato come socialismo da intellettuali infatuati o ingannatori e accettato come tale da seguaci ingenui o speranzosi. Successivamente, il tentativo da parte dello stato russo di modernizzare l'economia attraverso piani di meccanizzazione e di elettrificazione diretti dall'alto, vale a dire il tentativo di sviluppare pienamente lo statismo, fu presentato come la transizione al comunismo. Attraverso una propaganda massiccia, questo divenne l'esempio da seguire per un numero crescente di lavoratori e intellettuali, entrambi attratti e catturati dalla sicurezza e protezione che lo stato offriva a larghe masse, sebbene in cambio di una totale sottomissione.

L'esperienza russa, mentre forniva una prova ulteriore della morte del socialismo, avrebbe insegnato parecchio a molti capi e dittatori del futuro (soprattutto in paesi arretrati) riguardo alla via verso lo statismo.

 

27.  Fascismo/nazismo  (^)

Così come la guerra portò al cosiddetto socialismo in Russia, ugualmente la guerra portò il fascismo e il nazional-socialismo in Italia e in Germania.

L'Italia aveva una economia contrassegnata da alcune zone capitalistiche, soprattutto al Nord, mentre, altrove, operava ancora un feudalesimo modernizzato.

Il fascismo trovò suolo fertile nel risentimento di coloro che, dopo la tragedia della guerra, non riuscirono a trovare nessuna collocazione soddisfacente all'interno delle basi di potere esistenti (la burocrazia statale e la burocrazia socialista).

Tutto era già stato accaparrato. Non vi erano più posti disponibili. Un rimedio fu trovato attraverso la formazione di un nuovo movimento : il fascismo e i fasci di combattimento.

Per arrivare al potere e imporre la loro dittatura, i capi fascisti erano disposti a promettere tutto a tutti e così essi fecero in varie occasioni, come nel manifesto di San Sepolcro (1919) : soppressione della monarchia, suffragio universale, lotta contro l'imperialismo, distribuzione delle terre ai contadini, controllo operaio, e così via. Promesse che non valevano neanche il foglio di carta su cui erano scritte. Una volta che il fascismo giunse al potere, quello che rimase, al di là delle parole vuote, fu la burocratizzazione, la militarizzazione (cosiddetta 'fascistizzazione') e, per finire, la disintegrazione di una intera società.

La Germania aveva imprese capitalistiche molto avanzate ma, al tempo stesso, l'interferenza statale nell'economia, a partire dalla fine del XIX secolo, aveva dato un forte impulso ai cartelli (monopoli e oligopoli) e alle banche controllate dallo stato.

Si trattava quindi di un equilibrio economico e sociale molto ambiguo, che si frantumò allorché, in un periodo di crisi (la recessione all'inizio degli anni '30), i tedeschi affidarono la loro libertà allo stato e consegnarono lo stato ai nazisti confidando di ottenere da essi sicurezza e protezione.

Il nazismo era il movimento che, più di ogni altro, pareva capace di fornire una risposta alle ansietà del popolo, dal punto di vista culturale e materiale. Una propaganda sapientemente orchestrata, impressionanti raduni di massa, grandiose manifestazioni di potere, tutto ciò contribuì al successo del nazismo. Successivamente, una volta al potere, una serie di lavori pubblici promossi dallo stato (ad esempio, le Autobahnen) e altri giganteschi investimenti statali miranti a dare occupazione, furono il segno di un nuovo pensiero economico e amministrativo da cui gli intellettuali del 'New Deal' statunitense presero ispirazione e su cui Keynes basò le sue ricette di interventi finanziari statali.

Il nazismo è stata l'espressione più chiara, più avanzata e anche la più orrenda dello statismo in tutti i settori della vita, culturale, politica, economica. Come esperimento sociale gareggiò con il comunismo russo. In effetti, Hitler e Stalin possono essere considerati come i capi di due bande criminali, simili in ogni aspetto, che dapprima si dividono il bottino (ad esempio attraverso il patto Molotov - von Ribbentrop e la spartizione della Polonia) ma che sono alla fine destinati a combattersi per l'esclusivo controllo del territorio.

Il fascismo e il nazismo, entrambi movimenti anti-capitalistici (anti-plutocratici nella loro terminologia) furono quelli che meglio seppero rappresentare l'assolutismo e l'imperialismo propri dello statismo nella sua forma criminale più estrema.

 

28.  Dirigismo/assistenzialismo  (^)

Mentre il socialismo/comunismo (sinistra) e il fascismo/nazismo (destra) dominarono animi e menti nella prima metà del XX secolo, il dirigismo e l'assistenzialismo statale (centro) divennero, nei paesi più avanzati, i capisaldi ideologici dello statismo a partire dalla seconda metà del secolo.

Inutile dire che sinistra, destra, centro, sono concetti ideologici, vale a dire armi della lotta politica, privi di ogni valore cognitivo (scientifico) nella misura in cui essi servono a coprire politiche non solo similari ma, in parecchi casi, identiche.

Negli Stati Uniti, il grande crollo (provocato dalla banca centrale con una politica di facile credito seguita da una di eccessiva restrizione del credito), e la depressione che ne seguì (sostenuta dal governo federale con una politica di alte tariffe che soffocò il commercio mondiale), gettarono larghe masse di persone in una situazione disperata.

Tutte le condizioni erano presenti per l'apparizione di una figura paterna: Franklin Delano Roosevelt. Le sue proposte, battezzate con l’espressione di 'New Deal', di poco precedute da simili provvedimenti di controllo e intervento statale da parte del governo nazional socialista in Germania, avrebbero collocato lo stato federale alla guida di parecchi settori della vita sociale.

Quello che il New Deal fece in termini psicologici per aiutare la gente a riguadagnare fiducia fu degno di nota, ma i risultati pratici nella lotta contro la disoccupazione furono del tutto trascurabili. Nel 1933 vi erano 12 milioni di disoccupati; nel 1938, 5 anni dopo l'inizio del New Deal ed enormi spese da parte dello stato federale, i disoccupati ammontavano ancora a 10 milioni. A quel punto però, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la disoccupazione sarebbe stata assorbita attraverso l'arruolamento militare e la massiccia produzione di armi e Roosevelt sarebbe emerso trionfalmente sulla scena interna e su quella internazionale. La guerra raggiunse l'obiettivo che era sfuggito allo stato, confermando ancora una volta la tesi che la guerra è, davvero, la salvezza dello stato.

In Inghilterra la guerra ebbe lo stesso effetto di estendere notevolmente il potere dello stato di regolamentare la vita dei cittadini. Ad un certo punto, fu più che naturale che qualcuno iniziasse a prendere in considerazione l'idea che lo stato potesse avere cura di ognuno e di ogni cosa anche dopo la guerra.

Lo stato assistenziale nacque così da una serie di buone intenzioni portate avanti da persone rispettabili e di buon cuore.

Il risultato è che dirigismo e assistenzialismo statale hanno portato lo stato ad assumere il controllo della società nel suo complesso e a dominare la vita degli individui. Sempre più lo stato ha occupato il ruolo che svolgeva un tempo la chiesa nel medioevo, perfezionandolo a tal punto da diventare ancora più avido (tasse), ancora più invadente (polizia segreta, comitato per le attività anti-americane, etc.), ancora più paternalista (previdenza sociale) della vecchia chiesa, e per di più, con l’iscrizione obbligatoria dalla culla alla bara.

 

29.  Lo statismo come sistema mondiale (XX secolo)  (^)

Durante il XX secolo lo statismo è emerso e si è affermato dappertutto nel mondo, anche in paesi arretrati, talvolta più come mercantilismo che come statismo nel senso pieno del termine.

Tutte queste esperienze di statismo sono state caratterizzate, almeno inizialmente, da alcuni aspetti comuni quali:

- l'emergenza di una figura paterna, un salvatore;

- una posizione anticapitalistica che è stata, in realtà, un attacco contro l’individuo e la libertà.

A parte i casi più noti di statismo rappresentati da figure come Mussolini (lo stato corporativo), Hitler (lo stato del popolo ariano), Stalin (lo stato proletario), Roosevelt (lo stato interventista), Beveridge (lo stato assistenziale), molte altre figure storiche ed esperienze di statismo hanno fatto la loro comparsa nel mondo.

In Francia, dove lo stato ha generalmente giocato un ruolo di primo piano, il gollismo e la V repubblica riaffermarono e rafforzarono il dominio dello stato in un periodo di transizione disordinata a seguito della decolonizzazione.

In Spagna e in Portogallo, il franchismo e il salazarismo rappresentarono una fase pre-capitalistica dello statismo, ancora intriso di colonialismo e di feudalesimo.

In Argentina, un paese estremamente ricco dopo la seconda guerra mondiale, il peronismo costruì e consolidò il suo statismo associando vasti settori della popolazione nella distribuzione (e conseguente dissesto) di tutte le risorse disponibili.

In Cina, il maoismo divenne la nuova religione ufficiale e Mao il sacerdote supremo di uno stato dispotico e imperialista. Fu lui a promuovere la politica del "grande balzo in avanti" che causò circa 30 milioni di morti per fame, e fu ancora lui che lanciò la rovinosa lotta per il potere, ingannevolmente chiamata "rivoluzione culturale".

In Africa, lo stato e la sua burocrazia sono stati il lascito avvelenato delle potenze europee, il vero fardello delle genti del luogo. In effetti, non è ciò che è stato portato via, cioè le risorse naturali di cui l'Africa è ricchissima, ma ciò che è stato lasciato, vale a dire i prodromi dello statismo, ciò che ha costituito le vere catene sulla strada della emancipazione sociale e dello sviluppo economico. Lo statismo africano è stato, in alcuni casi, il risultato della commistione del nazionalismo con il marxismo; questo ha permesso all'élite dirigente di celare sotto la vernice di una fraseologia rivoluzionaria quello che si è rivelato, in genere, l'esproprio della libertà e delle risorse del paese da parte dei nuovi padroni dello stato e dei loro servitori (la burocrazia, la polizia, l'esercito).

In tutti questi casi lo stato non può essere considerato né il 'comitato d'affari della borghesia' né il 'santo patrono' del proletariato, ma una organizzazione burocratica, spesso criminale, che ha succhiato ricchezza dai ceti produttivi e l'ha indirizzata verso gli strati parassitari (cricche e sicofanti).

E lo statismo è il periodo storico di dominio esteso e profondo di questa entità chiamata stato, nei confronti e al di sopra di qualsiasi altra organizzazione sociale ed economica.

 

30.  Statismo : i pilastri di base (guerrafondismo-assistenzialismo)  (^)

Lo statismo, come è emerso dopo la seconda guerra mondiale, è basato su due pilastri principali:

- Guerrafondismo (militarismo e autoritarismo) : l'esercito e la polizia

Stato e stato di guerra sono due facce della stessa medaglia. Uno stato che non si stia preparandosi per la guerra, in maniera continuativa, o che non sia impegnato in operazioni di guerra ad intervalli regolari, non ha alcuna ragione di esistere. Le funzioni di regolazione sociale possono infatti essere svolte da altre organizzazioni (sovranazionali e locali) più adatte allo scopo. In assenza di una guerra guerreggiata, nemici possono essere creati e paure possono essere fabbricate ad arte. La guerra fredda è stata, ad esempio, una invenzione geniale degli ideologi dello statismo di entrambe le parti. Con ciò non si vuol negare il fatto che atteggiamenti aggressivi e comportamenti imperialistici fossero pratica corrente nel periodo post-bellico; essi però non erano il risultato del comunismo o del capitalismo, fenomeni già da tempo scomparsi e che sopravvivevano solo come termini carichi di fattori emotivi, ma la diretta conseguenza dello statismo. Altrimenti non sarebbero spiegabili dissensi, talvolta aspri, all'interno dello stesso campo ideologico quali lo scontro tra Cina e Unione Sovietica o la rivalità tra Francia e Stati Uniti.

In realtà, la propaganda sulla minaccia comunista o capitalista, mentre rendeva le persone insicure e sottomesse, consentiva ai governanti statali di imbarcarsi, in ogni paese, nel più vasto programma di armamenti e di produzione di materiale bellico mai visto sulla faccia della terra.

Due ragioni concorrevano a questo dispiegamento e ostentazione di forza militare e di strumenti di guerra :

- accrescere e rinsaldare (con o senza l'uso della forza) la sottomissione alla propria parte, all'interno e all'esterno;

- assicurare posti di lavoro a larghe masse di popolazione.

Quest'ultimo aspetto ci conduce al secondo pilastro dello statismo.

- Assistenzialismo (paternalismo e parassitismo) : i burocrati e la sottoclasse

L'innalzamento della produttività attraverso l'introduzione di mezzi e modi di produzione sempre più efficienti ha condotto ad un aumento della produzione. Lo stato è diventato, su scala gigantesca, il controllore e il distributore di questa produzione massiccia. E qui sta l'astuzia dello statismo. Con l'introduzione dell'assistenzialismo statale esso ha dato vita ad una versione riveduta e aggiornata dell'antica provvista di "panem et circenses" alle plebi romane. Lo scopo è sempre lo stesso, vale a dire manipolare le masse per accattivarsi il loro favore.

L'assistenzialismo statale è diventato la strada verso il consumismo di massa, l'uso e l'abuso consumistico di beni fino al punto in cui i sensi diventano ottusi e la mente cessa di funzionare. Il proletariato è stato sostituito dal 'consumariato', una folla immane di persone drogate dal consumismo, pronta a seguire ogni moda, il cui scopo nella vita è di ingurgitare qualsiasi cosa, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, e sulla cui bandiera sta scritto "più si ha, più si è". Il sentimento originario di compassione che era alla base dell'assistenza, ha portato alla corruzione attraverso il consumo.

Il parassitismo assistenziale e i livelli sempre più elevati raggiunti dal consumo hanno agito anche come freno alla riduzione della giornata lavorativa, in quanto una produzione crescente, in gran parte superflua, ricade sulle spalle di un numero relativamente ristretto di persone realmente produttive mentre si potrebbero sviluppare solo attività utili e apportatrici di vero benessere e ripartite tra tutti.

I due gruppi associati/antagonisti di imprenditori e lavoratori che incarnavano un tempo la dinamica del capitalismo, sono stati sostituiti da due gruppi che si sostengono e si alimentano a vicenda: il distributore e il percettore di assistenzialismo statale. Un aumento nel numero dei percettori (assistiti) richiede un aumento nel numero dei distributori (assistenti sociali). Per cui è una vera manna per entrambi, fino a che dura.

L'assistenzialismo è davvero l'imbroglio più disonesto e spregevole dello statismo, che conduce direttamente al malessere e ai guasti di una umanità disastrata.

Dalla culla alla bara o, meglio, da una pristina innocenza a una morte morale : che opera diabolica di castrazione e di corruzione compiuta in nome dell'aiuto e della compassione!

 

31.  Statismo : il sistema culturale  (^)

Lo statismo non è stato un trucco cattivo perpetrato da una esigua minoranza di persone malvage a danno della grande maggioranza di persone oneste e rispettabili. Niente affatto.

Lo statismo è stato il risultato (quasi) inevitabile di un lungo processo storico di trasformazioni tumultuose messe in moto dall'industrializzazione, alla fine del quale, voglia di potere e soppressione di ansie, bisogno di divinità terrestri e ricerca di sicurezza, sono emersi e si sono mescolati ad una serie di altri fenomeni ed hanno dato vita al Leviatano.

Il comune essere umano del XX secolo, al pari di quello che emerse dalla dissoluzione dell'impero romano, è stato posseduto da una terribile angoscia, quella di essere solo e senza difesa. In passato, la Chiesa aveva incarnato la figura materna e paterna nel cui abbraccio l'anima poteva trovare sollievo nei momenti di paura, fino a quando non apparve un nuovo periodo di splendore (ad esempio, il Rinascimento) e nuovi, più avventurosi individui comparvero sulla scena (ad esempio, i mercanti)

Nei tempi moderni, il capitalismo, da un lato propugnando libertà e individualità, e dall'altra trasformando gli esseri umani in macchine, ebbe l'effetto di far piombare larghe masse in uno stato di totale impotenza. Ecco perché i lavoratori dell'industria hanno avvertito un bisogno così forte di riunirsi in sindacati e partiti.

Persino molti imprenditori capitalisti, sentendosi minacciati non solo dai movimenti dei lavoratori ma anche dalla continua rivoluzione dei mezzi e modi di produzione, si sono uniti in associazioni ed hanno esercitato pressioni per la salvaguardia dei loro interessi, finanziando fazioni e coalizioni.

Tutti questi organismi collettivi offrivano protezione, assistenza, identità, sotto la guida di capi risoluti.

Quasi inevitabilmente essi presero a modello da copiare il potere organizzato (lo stato) e, sotto il controllo di personalità ambiziose, divennero interessate più ad impadronirsi di una fetta del potere che a limitarne o cancellarne la sua natura dispotica.

La lunga marcia di avvicinamento al potere trovò compimento nel XX secolo quando, persino quelle organizzazioni che erano state fieramente antagoniste al potere dello stato 'borghese' (ad esempio, i partiti socialisti) divennero esse stesse stato. Questo fatto fu reso possibile in quanto le persone comuni :

- barattarono la libertà con la sicurezza;

- abdicarono alla responsabilità attraverso la delega;

- annegarono individualità e senso di solitudine nel gruppo gregario e nel desiderio di appartenenza ad una entità superiore, fosse essa lo stato o il partito.

Per quanto riguarda lo stato, il suo ruolo paternalistico e protettore durante il XX secolo risultò più evidente nella sfera economica e fu reso possibile dalla potente macchina produttiva messa in moto a suo tempo dal capitalismo.

 

32.  Statismo : il sistema economico  (^)

L'economia dello statismo si basa su tre pilastri principali.

- Occupazione. La sopravvivenza dello statismo e la sua ragione d'essere consistono nel procurare impiego alla gente comune. Mentre il capitalismo poneva l'accento sul lavoro produttivo e apportatore di profitto, lo statismo mette al centro l'occupazione, senza riguardo alla sua utilità o alla significatività sociale di quello che si è addetti a fare. L'essere occupati è importante di per sé, anche se il lavoro consiste nello scavare e riempire buche. Il bisogno di assicurare occupazione è al centro della crescita della burocrazia e di molti compiti di intermediazione e di regolazione sociale (avvocati, contabili, consulenti, ecc.).  Durante il XX secolo, l'ascesa dello statismo è stata continua e irresistibile soprattutto perché sempre più persone ricevevano i mezzi per vivere dallo stato (la burocrazia, l'esercito, la polizia), attraverso lo stato (i notai, gli avvocati, i commercialisti, ecc.) o per operare a vantaggio dello stato (gli impiegati del fisco). Lo stato li nutriva ed essi erano dipendenti dallo stato. Senza lo stato non vi sarebbe stata per essi alcuna occupazione, alcuna sicurezza, alcun futuro, niente. Così almeno molti credevano.

Parecchie di queste occupazioni e l'alto numero dei loro occupanti non erano affatto un bisogno fisiologico per il funzionamento di una società avanzata, ma una necessità del controllo statale (il bastone) e del paternalismo assistenzialistico (la carota).

- Consumismo. La disponibilità di risorse e di beni prodotti in quantità incredibili ha reso possibile una orgia di consumismo. Mentre il capitalismo fu segnato dal dominio della produzione crescente, lo statismo si caratterizza per il dominio del consumo eccessivo. Per lo stato, il consumismo è il modo di raggiungere contemporaneamente due obiettivi : da una parte produrre un senso di ottusa contentezza nella massa dei consumatori; dall'altra, attraverso la tassazione indiretta, apportare silenziosamente risorse alle casse dello stato per alimentare, attraverso l'assistenzialismo statale, un ulteriore ciclo allargato di consumismo.

- Tasse e Debiti. Per pagare l'occupazione parassitaria dei burocrati, la disoccupazione parassitaria degli assistiti e il consumo gigantesco degli strati parassitari, vi è bisogno di un vasto ammontare di entrate. Lo stato ha risolto il problema in tre modi :

- stampando banconote : questo ha causato inflazione e non è un caso che il periodo dello statismo è stato, storicamente, strettamente associato a pressioni inflazionistiche costanti;

- prendendo in prestito denaro : questo ha prodotto un accumulo enorme di debiti (all'interno e verso l'esterno) che sono il lascito economico più cospicuo dello statismo alle generazioni future;

- estorcendo risorse : questo è avvenuto attraverso una tassazione  impietosa che ha bloccato se non scoraggiato gli investimenti e ha frenato lo sviluppo sociale ed economico. Lo stato non è affatto interessato nella produzione di beni utili e durevoli ma nella tassazione di prodotti inutili ed effimeri.

Con lo statismo, due aspetti sono divenuti di primaria importanza :

- l'assegnare un prezzo ad ogni scambio : lo stato è interessato al prezzo di ogni cosa più che al loro valore, per la semplice ragione che, per motivi fiscali, il prezzo è tutto e il valore è nulla.

- l'esercitare un controllo su ogni scambio : lo stato attribuisce un tale peso al controllo di ogni transazione  (ad esempio, controllare l'assunzione di lavoratori, la vendita di beni) che qualsiasi scambio che non abbia la supervisione dello stato viene criminalizzato e qualificato con l'aggettivo spregiativo di nero (lavoro nero, mercato nero).

L'economia dello statismo si basa, infatti, totalmente sull'assegnare un prezzo ed esercitare un controllo al fine di drenare risorse dai produttori e canalizzarle verso gli strati e le occupazioni parassitarie sotto l'egida dello stato.

 

33.  Statismo : il sistema politico  (^)

Il sistema politico dello statismo si basa su una serie di gruppi organizzati (partiti, centri di pressione, comitati elettorali, mafie. ecc.) il cui scopo è quello di ottenere il potere o di mettere in posizioni di potere persone compiacenti.

Il fine capitalistico del profitto attraverso la produzione di beni è stato sostituito, sotto lo statismo, dalla ricerca del potere e del prestigio attraverso la manipolazione e il clientelismo.

Nei paesi in cui è stato introdotto il suffragio universale, ognuno, in teoria, può essere eletto o può aiutare ad eleggere qualcuno ai più alti vertici del potere. Questo rappresenta il richiamo forte dello statismo nella versione democratica rappresentativa.

Sia nello statismo democratico che in quello autocratico, come in ogni sistema di potere delegato o usurpato, l'obiettivo principale, una volta raggiunto il vertice, è di rimanervi il più a lungo possibile usando, verso le masse, un misto di benevolenza e brutalità, carità e crudeltà, tenerezza e terrore, in dosi misurate e appropriate.

Per mantenersi al potere qualsiasi accorgimento è accettabile. I principali sono :

- Falsificazione-mistificazione della realtà. La principale (inevitabile) mistificazione è quella di far passare interessi di parte come interessi generali e di discreditare gli avversari politici (qualora essi non vengano addirittura eliminati fisicamente o ridotti praticamente al silenzio) con ogni sorta di argomenti capziosi o di menzogne costruite. Diffamazioni plausibili prendono il posto di fatti reali. Per dirla in breve, quella che è la pratica corrente della vita politica non sarebbe ammissibile in nessuna attività produttiva continua in cui la fiducia reciproca e la cooperazione sono requisiti essenziali e basilari.

- Corruzione-manipolazione delle persone. La mistificazione degli interessi di parte fatti passare come interessi generali è attuata principalmente corrompendo larghe sezioni dell'elettorato attraverso una conveniente allocazione delle risorse accaparrate dallo stato. Questa compera del consenso avviene attraverso :

- l'assunzione di un esercito di servitori statali. Lo statismo moderno ha messo in soffitta la pratica dell'ancien régime di limitare a pochi privilegiati per nascita l'esercizio delle cariche statali. Ha spalancato le porte e ha creato un vasto esercito di burocrati provenienti da ogni strato sociale.

- il mantenimento di un largo numero di persone dipendenti dalla beneficenza statale che sempre più si affidano al 'Grande Fratello' stato. Questa dissipazione di denaro pubblico ha permesso di attrarre dalla parte dello statismo anche settori della produzione che trovano così, nelle schiere di assistiti, un mercato di massa, artificialmente creato, per lo smercio  dei loro prodotti.

In breve, la mano politica dello statismo sorregge la mano economica ed entrambe, utilizzando ad arte parole come 'compassione', 'occupazione', 'redistribuzione', giocano la carta dell'impegno morale vestendo la maschera del provvido e benevolo genitore.

 

34.  Statismo : aspetti positivi  (^)

Il fatto che lo statismo sia durato parecchi decenni significa che, in molte situazioni e per parecchi aspetti, ha rappresentato una risposta storicamente necessaria ai bisogni della gente.

Occorre anche riconoscere che, nelle fasi iniziali, quando non era ancora diventato un potere monopolistico, lo stato, attraverso organi centrali quali il parlamento, ha introdotto norme altamente progressive e degne di nota come la limitazione della giornata lavorativa o la protezione dei bambini.

Inoltre, non tutte le somme allocate dallo stato sono state indirizzate verso impieghi parassitari; in alcuni casi esse hanno contribuito al miglioramento di una vasta regione come nel caso della valle del Tennessee (USA) o hanno creato condizioni favorevoli allo sviluppo economico, come nell'esperienza di Singapore.

In altri casi, lo stato, o meglio, individui onesti e saggi all'interno dello stato, hanno adottato provvedimenti che hanno conferito una certa dignità agli esclusi e hanno innalzato le condizioni di vita della gente comune.

Persino l'omogeneizzazione, quando ha prodotto l'introduzione di più elevati standard di comportamento o la soppressione di costumi locali crudeli, va posta come un aspetto positivo dello stato.

In parecchi casi il cambiamento si sarebbe comunque prodotto, nel corso del tempo, attraverso un processo di imitazione, ma ciò non vuol dire che si debba far passare sotto silenzio il ruolo positivo di acceleratore giocato, in certe situazioni, dallo stato.

Al tempo stesso, occorre riconoscere che, mano a mano che lo stato ha accumulato potere ed è diventato un agente monopolizzatore, gli aspetti negativi sono cresciuti in maniera esponenziale; essi hanno ora raggiunto un punto tale da fornire argomenti sufficienti per sostenere la necessità dell'estinzione dello stato come pre-requisito per lo sviluppo futuro degli esseri umani e delle comunità.

 

35.  Statismo: aspetti negativi  (^)

Mentre le persone favorevoli allo statismo potrebbero elencare altri aspetti positivi, nessuna lista completa di tali aspetti potrebbe uguagliare l'elenco di profonde desolazioni e il numero di tragedie di cui lo statismo è responsabile, superiore in orrore e depravazione a quello di qualsiasi altra organizzazione o fenomeno nel corso della storia umana. Solo un pallido eufemismo può descriverli come gli aspetti negativi dello statismo. Essi vengono qui classificati sotto tre voci :

- Assoggettamento
Lo statismo ha reso le persone dipendenti da un potere impersonale, una coscienza collettiva sovrastante, a cui la coscienza morale dell'individuo ha abdicato. Ha ristretto la libertà di movimento da un luogo all'altro della terra senza il permesso e il controllo dello stato (passaporti, visti, permessi speciali, ecc.). Ha creato una sotto-classe di marionette senza vita, che sono in attesa di un assegno dell'assistenza statale in modo da annegare la futilità delle loro vite comperando oggetti inutili o superflui che li facciano sentire vivi mentre sono già morti, nel corpo e nell'anima.

L'assoggettamento degli individui è stato un puntello essenziale dello statismo, che ha annientato lo sviluppo delle persone e delle comunità. Come dato di fatto, sviluppo e statismo sono termini incompatibili nella misura in cui lo sviluppo è un processo interno di rafforzamento e di autonomia, mentre lo statismo è una situazione di controllo dall'alto e di asservimento.

- Disperazione
Lo statismo è responsabile di innumerevoli fenomeni di odio che vanno sotto il nome di razzismo, antisemitismo, sciovinismo, nazionalismo, etnocentrismo, in cui un gruppo, diventato stato, ha creato per altri gruppi una condizione di indicibile profonda disperazione. La deportazione e distruzione di comunità etniche (i Pellerossa, gli Armeni, gli Ebrei, i Curdi, i Tibetani, i Tutsi, i Palestinesi e molti altri) è stato uno dei prodotti più rivoltanti e obbrobriosi del dominio dello statismo.

Oltre a ciò, vi è stato il lavaggio mentale dei cosiddetti dissidenti, la distruzione fisica di individui, vale a dire di qualsiasi persona che non fosse in accordo con o in soggezione al potere statale. La Ceka, il KGB, le SS, l'OVRA, i carabinieri, la prefettura, il comitato per le attività anti-americane, la polizia, l'esercito, e anche il piccolo burocrate, tutti costoro hanno avuto il potere, in periodi, modi e gradi diversi, di rendere la vita degli individui e delle comunità libere, semplicemente miserabile o totalmente insopportabile.

- Morte
Lo statismo è stato ossessionato dal bisogno di creare un arsenale di distruzione che ha raggiunto il suo apice con la bomba atomica. Sotto lo statismo siamo stati tutti, parecchie volte, testimoni della sistematica distruzione fisica e della morte spirituale. Le atrocità commesse dallo stato durante il XX secolo sono senza confronto per dimensioni e possono essere paragonate per brutalità, ma non per durata, a quelle commesse dalle personalità più squilibrate e depravate.

Persino l'inquisizione spagnola, la più obbrobriosa manifestazione di potere della chiesa cattolica che produsse la morte di 3000-5000 persone nel corso di 350 anni (1478-1834), non regge minimamente il confronto con i 6 milioni di Ebrei sterminati dallo statismo nazista, i 10 milioni liquidati dalla statismo stalinista, i 30 milioni ridotti alla fame dallo statismo maoista, e questi sono solo un campione ridotto della furia omicida dello stato. Infatti, durante il periodo storico di dominio dello statismo, all'incirca dal 1870 (guerra franco-prussiana, distruzione delle mura di Porta Pia e invasione del regno pontificio da parte dello stato italiano) al 1989 (caduta del muro di Berlino e dissoluzione dello statismo comunista), le morti causate dallo stato attraverso gli innumerevoli disastri, piccoli e grandi, che esso ha provocato (guerre, deportazioni, carestie, ecc.) superano la cifra di 100 milioni, una media di circa 1 milione all'anno di individui sacrificati da e per il Leviatano.

Guardando in retrospettiva al XX secolo, l'orrore dello statismo è ancora presente per coloro che vogliono osservare o ricordare : le camere a gas, i campi di concentramento, la pulizia etnica, i massacri di massa, la fine della libertà, l'annullamento della dignità umana, le comunità distrutte e smembrate, i figli che denunciano i genitori, gli amici che tradiscono gli amici.

Sotto il giogo dello statismo troppe persone hanno vissuto nella paura e nel pericolo di una morte violenta, e questo accade tuttora perché troppo spesso lo stato ha reso la vita degli esseri umani e delle comunità libere, miserabile, orrenda, brutale e breve.