Gian Piero de Bellis

Mezzi e forme dello scambio

(Febbraio 2012)

 


 

Nel Vangelo di Matteo (21, 15-22), ai Farisei che lo interrogavano con malizia se fosse giusto pagare il tributo a Cesare, Gesù diede una risposta che costituisce ancora, ai giorni nostri, un insegnamento di vita. Fattosi dare una moneta con cui venivano pagati i tributi egli chiese: “Di chi è questa immagine?” Gli risposero “Di Cesare.” Allora, rispose Gesù: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.”

La morale che si ricava da quelle parole, applicabile ai nostri giorni a tutte le persone raziocinanti e amanti della libertà, che siano credenti e non credenti, è che ogni individuo deve essere in grado di separare la propria vita da quelle organizzazioni o istituzioni in cui egli sia incluso o registrato automaticamente ma di cui egli non si sente assolutamente parte. Un inizio vi è stato, nei secoli passati, con la fine dell'obbligo di appartenere ad una Chiesa (la Chiesa del padrone territoriale e poi dello Stato) pena la persecuzione che poteva giungere sino alla perdita non solo dei beni ma anche della vita.

Il proseguo sarà costituito dalla fine dell'obbligo di appartenere ad uno Stato (lo Stato territoriale nazionale) e la possibilità di aderire a libere comunità autonome in maniera volontaria.
Lo strumento indispensabile per operare questo passaggio (dallo stato monopolistico territoriale alle comunità autonome volontarie) consiste nella restituzione a Cesare (cioè allo stato) delle sue monete (sempre meno affidabili in termini di valore) e la messa in esercizio di mezzi e forme alternative (non statali) di pagamento, solidi ed efficaci.

A questo riguardo va chiarito innanzitutto che qui non si fa affatto riferimento alla moneta come strumento di tesaurizzazione. Coloro che vogliono disfarsi di monete a corso legale (forzoso) per passare a monete convertibili in oro o in argento farebbero meglio a comperare direttamente oro ed argento o ad investire i loro soldi in beni di vario tipo (case, diamanti, quadri, azioni, obbligazioni, materie prime, ecc. ecc.) mantenendo a disposizione solo una bassissima liquidità.

Ciò di cui si tratta qui è la moneta nelle sue due funzioni essenziali:

  • oleare le ruote del commercio (per riprendere una espressione di David Hume, On Money, 1752)
  • accendere la scintilla della produzione.

In sostanza, si fa riferimento alla moneta come:

  • mezzo di scambio per il commercio
  • mezzo di investimento per l'impresa.

Immaginiamo allora una comunità che voglia introdurre una moneta per facilitare gli scambi tra i membri della comunità stessa. Si può allora pensare a:

  • una comunità locale in cui la maggior parte dei membri si conoscono di persona in quanto vivono a poca distanza l'uno dall'altro;
  • una comunità virtuale (su Internet) in cui le persone non si conoscono direttamente ma hanno sviluppato tra loro una rete di rapporti di fiducia.

Continuando nella formulazione dello scenario, possiamo concepire tre possibili modi di avvio di un esperimento di monete alternative al corso forzoso dello stato:

  • 1. Monete – Prodotti. Nel primo scenario le monete sono emesse a fronte di un ammontare di beni esistenti. Immaginiamo ad esempio un insieme di produttori, commercianti, prestatori di servizi che decidano di utilizzare i loro beni e servizi come moneta e di contabilizzare gli scambi reciproci. Questa contabilizzazione potrebbe avvenire attraverso unità di conto (monete) emesse dagli stessi partecipanti agli scambi.
  • 2. Monete – Metalli. In questo secondo scenario alcune persone decidono di acquistare metalli preziosi (oro, argento) e, in stretto rapporto con questi acquisti, emettono una certa quantità di note di registro che vengono accettate dai produttori in cambio di beni e servizi in quanto essi sanno che, in ogni momento, possono, in ultima istanza, cambiare questi pezzi di carta nell'equivalente di metalli preziosi. Chiaramente se questo avvenisse, in pratica, per tutte le note di registro l'esperimento avrebbe, a quel punto, fine.
  • 3. Monete – Buoni. In questo terzo scenario, i produttori potrebbero immettere una certa quantità di buoni di acquisto a patto che essi vengano usati presso alcuni specifici produttori consorziati e i clienti siano disposti ad accettare tali buoni (ad esempio come resto) nel corso degli acquisti. Dopo un certo periodo di tempo i buoni diventerebbero moneta corrente presso un certo numero (possibilmente crescente) di produttori di beni e servizi.

Qualsiasi sia il processo attraverso il quale queste monete alternative vengano introdotte e si diffondano, esse dovrebbero avere:

  • valore indipendente dal tempo. L'idea che la moneta debba perdere di valore se non usata è una caratteristica tipica delle monete statali a corso forzoso. Una moneta alternativa dovrebbe essere qualcosa di solido che non è sottoposto alle burrasche inflazionistiche (svalutazione) causate dallo stato.
  • costo (quasi) zero di emissione. Una moneta alternativa che sorge nel 21° secolo deve essere una unità di conto virtuale a costo di emissione praticamente zero in quanto funzionante attraverso forme di pagamento elettroniche (via cellulare, tavoletta, computer).
  • gestione diretta da parte degli emettitori-fruitori. La moneta, o meglio le unità di conto virtuali a cui si fa qui riferimento, sono emesse e utilizzate dai produttori di beni e servizi al fine di facilitare la produzione e la commercializzazione di beni e servizi. Le categorie parassitarie che non producono beni e servizi non devono assolutamente entrare nella gestione dell'esperimento e nella fruizione dei suoi benefici in quanto non hanno nulla da offrire in cambio ai consumatori.

L'adozione e lo sviluppo delle monete alternative potrebbe ricevere una notevole spinta qualora i produttori di beni e servizi premiassero il loro uso con la concessione di sconti (anche minimi) sugli acquisti. Ciò invoglierebbe all'uso di quella moneta da cui si ricavano benefici, in una sorta di fidelizzazione vincente sia per il produttore che per il consumatore. Chiaramente questo ha senso e funziona solo se siamo in presenza di un numero consistente e crescente di produttori che aderiscono allo schema o a produttori che offrono beni e servizi di una certa qualità a prezzi convenienti.

Questo primo intervento sui mezzi e forme dello scambio intende richiamare l'attenzione sulla necessità impellente per il superamento dello stato padronale-criminale di passare dalla cosiddetta “fiat money” (moneta emessa in base alle esigenze dello stato) alla “good money” (moneta buona legata alla produzione). In lingua inglese il termine “good” può essere o un aggettivo (= buono) o un sostantivo (= bene prodotto). In tal senso la qualifica di good money è molto appropriata in quanto significa non solo “moneta buona” ma anche “moneta che serve ad acquistare beni (e servizi) prodotti.”

Nelle settimane e nei mesi a venire si raccoglieranno altri elementi e dati sulle monete alternative in modo da fornire ulteriori materiali per la continuazione del dibattito e per la messa in cantiere di possibili progetti.

 


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