Gian Piero de Bellis

Saggi sul post-statismo

Sulle Scienze Sociali come Imbroglio e sugli Scienziati Sociali come Contastorie

(2006)

 


 

Principi e Strumenti per il Post-Statismo

Coerenza
Equilibramento
Nessi-Flussi Aperti
Moltiplicazione Cognitiva
Varietà necessaria
Esigenze della situazione
Sfida
Il quadro generale
Riferimenti

 


 

Il passaggio dallo statismo al post-statismo richiede la messa in atto di solide basi concettuali ed empiriche su cui l'individuo possa fare affidamento per padroneggiare la realtà nei suoi molteplici aspetti e variegate relazioni.
I materiali per costruire queste fondamenta non sono necessariamente nuovi in quanto molti princìpi e strumenti elaborati in passato possono e devono essere recuperati e utilizzati.
Quello che è necessario eliminare sono le attraenti idiozie ancora utilizzate su larga scala dagli scienziati sociali e recuperare quelle solide pietre che sono state scartate o trascurate e farne i pilastri di nuovi atteggiamenti e comportamenti che ci facciano uscire dall'attuale stato di asfissia mentale e morale.
Qui sotto sono presentati alcuni dei princìpi teoretici e degli strumenti pratici più rilevanti.

Coerenza (^)

La coerenza è una condizione necessaria e indispensabile di qualsiasi argomentazione e condotta razionale.
Infatti, una argomentazione si qualifica tale in quanto è composta da una serie di affermazioni coerenti. Ciò vuol dire che le affermazioni sono compatibili tra di loro (validità) e sono tutte accurate (verità), cioè basate su realtà empiriche.
Lo stesso principio si applica alla condotta, che è composta da una serie di atti compatibili tra di loro, in cui i mezzi non sono in contraddizione con i fini e quello che è detto/fatto oggi non è in discordanza volubile con quello che sarà detto/fatto domani.
L'esigenza di coerenza deriva dal fatto che la realtà è un continuum composto da entità che necessitano di una sintonia reciproca se si ha come obiettivo e come aspettativa qualcosa di utile e proficuo.
Esempi di continuum che richiedono coerenza sono:

- il continuum operativo : affermazioni - azioni
- il continuum strumentale : mezzi - fini
- il continuum temporale : breve termine - lungo termine.

La coerenza può essere intesa come un requisito universale che si applica dappertutto e a tutti, senza differenze di cultura e ubicazione geografica. Dove e quando assistiamo alla negazione o alla messa in disparte della coerenza dobbiamo essere consapevoli che la verità è stata cancellata e la realtà manipolata.
Eppure, manifestazioni di incoerenza sono un dato corrente della vita quotidiana. Ad esempio, l'incoerenza è al lavoro quando intellettuali anti-global girano il mondo diffondendo il loro messaggio, scagliandosi contro le compagnie multinazionali a cui essi fanno riferimento e affidamento per pubblicare i loro libri, e, unendo incoerenza a insolenza, trasformando in un marchio registrato la copertina di un libro contro i marchi (vedi "No Logo" di Naomi Klein).

La stessa constatazione si applica ai cosiddetti intellettuali "liberali" che vogliono che lo stato intervenga a fondo per proteggere o addirittura migliorare il funzionamento del libero mercato (e sono totalmente inconsapevoli della incoerenza balorda e idiota della loro richiesta).
Un altro esempio di incoerenza è la pretesa tragica (o assurda e risibile) di coloro che vogliono riservare allo stato il permesso di uccidere aspettandosi, come risultato, la fine di ogni violenza.

"L'individuo di qualsiasi nazione ha nel corso di questa guerra l'opportunità spaventosa di convincersi di un fatto di cui si rende occasionalmente conto in tempo di pace, e cioè che lo stato ha proibito all'individuo di praticare il male, non perché desidera abolirne l'esercizio, ma perché desidera monopolizzare la pratica del male come fa con la vendita di sale e tabacchi. Lo stato in guerra si permette qualsiasi misfatto, qualsiasi atto di estrema violenza che sarebbe considerato un obbrobrio se commesso dal singolo individuo. Esso pratica non solo le tattiche consuete, ma anche la menzogna deliberata e l'inganno contro il nemico; e anche questo in una misura che appare sorpassare ciò che è stato praticato in guerre passate. Lo stato impone l'assoluta obbedienza e sacrificio ai suoi cittadini, ma al tempo stesso li tratta come bambini mantenendo una eccessiva segretezza e censura sulle notizie e sulla espressione delle opinioni tale da rendere coloro che sono così oppressi intellettualmente, del tutto indifesi contro qualsiasi accadimento sfavorevole e contro ogni diceria sinistra. Lo stato esenta sé stesso dal rispettare garanzie e trattati stipulati in precedenza con altri stati, e mostra spudoratamente la sua rapacità e brama di potere, che il singolo individuo è chiamato ad accettare in nome del patriottismo."
(Sigmund Freud, Thoughts for the times on war and death, 1915)


Questa è incoerenza ingigantita al massimo da una totale dabbenaggine e da una larga dose di idiozia in coloro che credono nello stato come promotore e garante della pace.
In generale c'è una certa ingenuità o assenza di percezione/riflessione in qualsiasi accettazione di incoerenza.
E, da parte di coloro che sono professionisti nella produzione di incoerenze, vi è di solito un livello elevato di disonestà morale e di deficienza intellettuale.
È quindi appropriato affermare che senza la coerenza l'essere umano è privo non solo di razionalità ma anche di moralità; e quando le manifestazioni di incoerenza sono croniche e piene di malvagità, nessun essere, che pur si definisce umano, può essere caratterizzato come avente le caratteristiche indispensabili per la umana convivenza.

Equilibramento (^)

Il principio di coerenza è completato e integrato da quello di equilibramento. In alcuni casi l'equilibramento può essere visto come l'aspetto quantitativo della coerenza (ad esempio, nei processi input-output).
Il termine equilibramento è qui utilizzato con il significato di bilanciamento dinamico.

"L'equilibramento unisce l'idea di trasformazione all'interno di un sistema con l'idea di auto-regolazione."
(Jean Piaget, Le Structuralisme, 1968)


Altri termini che esprimono tale significato sono "omeostasi" ("homeostasis" - Walter B. Cannon), "omeoresi" ("homeorhesis" - Conrad Waddington), "equiposa" (“equipoise” - Sigfried Giedion).

"Il modello dell’omeostasi, che è di così grande importanza nello studio degli organismi viventi, è un esempio di meccanismo cibernetico, e tale meccanismo esiste in tutti i fenomeni empirici studiati dal biologo e dallo scienziato sociale."
(Kenneth Boulding, General Systems Theory, 1956)

La semplice parola equilibrio non risulta appropriata perché si applica, in fisica, alla condizione statica di un sistema senza trasformazioni. Uno degli esempi migliori di equilibrio è un corpo imbalsamato, totalmente isolato dall'ambiente circostante e su cui l'ambiente esterno non esercita alcun effetto di modificazione.
Al contrario, quello che caratterizza i sistemi viventi è la loro evoluzione, che è resa possibile dalla interazione dinamica tra le varie entità e l'ambiente.
Questo libero gioco ha luogo nell'ambito del requisito del bilanciamento dinamico. In natura l'esigenza di bilanciamento appare molto evidente e cogente soprattutto in situazioni di crisi quando l'esaurimento di una certa risorsa chiave, senza che vi sia rigenerazione o sostituzione di essa, genera gravi squilibri e porta ad ogni sorta di limitazioni nello sviluppo di un organismo, fino alla sua estinzione.
Gli esseri umani sono parte della natura e sono elementi estremamente attivi nell'ambito delle molteplici relazioni con l'ambiente naturale.
Per questa ragione essi dovrebbero:

- accettare consapevolmente il principio di equilibramento come guida in tutti i tipi di relazioni tra le entità;

- applicare volutamente il principio di equilibramento attraverso i meccanismi del feed-back e del feed-forward al fine di padroneggiare i cambiamenti.

Le modificazioni del sistema in modo da conseguire un equilibramento sono possibili in quanto il sistema è aperto.
Sistemi chiusi, più o meno isolati dal mondo esterno e ristretti nel loro sviluppo, sono quelli favoriti da governanti reazionari e dispotici, con l'assistenza di scienziati sociali asserviti al potere. Entrambi si scagliano contro presunti squilibri causati da fattori esterni non sotto il loro controllo, ed esaltano la loro guida politica e intellettuale soffocante come la protezione migliore contro quello che essi chiamano disordine o anarchia.
Così facendo essi operano solo per il mantenimento dello status quo e quindi per un equilibrio letale. Essi tengono in incubazione futuri disastri pretendendo di proteggere le persone da rischi correnti che, in molti casi, altro non sono che le sfide della vita che evolve.

Nessi-flussi aperti (^)

Requisiti essenziali per l'esistenza e l'evoluzione di qualsiasi sistema sono i collegamenti (nessi) e le correnti (flussi) libere, aperte in ogni possibile direzione come è ritenuto necessario dalle entità in gioco.
È un dato acquisito della scienza (ma non ancora, sembra, o non in maniera universale da parte delle cosiddette scienze sociali) che il cambiamento è possibile solo attraverso lo scambio e che il processo di organizzazione necessita, per essere operativo, che il sistema sia aperto, altrimenti si deteriora fino a raggiungere un punto di stasi totale equivalente alla morte.

"In un sistema chiuso vi è la tendenza per l'organizzazione di mutarsi in disorganizzazione, o per l'ammontare di informazione disponibile riguardo il sistema di ridursi con il passare del tempo."
(Milton A. Rothman, The Laws of Physics, 1963)


Quello che è valido nel mondo fisico e naturale si applica anche agli esseri umani che sono parte e partecipanti attivi a tale mondo.
Infatti gli esseri umani possono esistere solo interagendo con gli ambienti esterni (fisico, biologico, sociale).
Per quanto riguarda la società, questo è un termine sintetico e astratto per designare le concrete interazioni tra gli esseri umani. In altre parole, come già rilevato da Frédéric Bastiat. la società è scambio, e quanto più limitati o meno liberi sono gli scambi, tanto più insicuri e meno sviluppati sono gli esseri umani che danno vita alla società attraverso le loro interazioni.

Chiaramente, nessi e flussi liberi e aperti mettono in pericolo tutti coloro che hanno costruito le loro fortune sul controllo e sulla delimitazione di confini. Queste persone sono destinate a soccombere ai nuovi venuti, a coloro tra gli attuali sfruttati ed emarginati, che sono anche i più ricchi di vitalità e di energia, i nuovi spiriti avventurosi che si confrontano con la flaccidità e ottusità dei vecchi padroni.
Questo è il motivo per cui gli scienziati sociali sono atterriti dagli spazi aperti e dal libero movimento delle persone e continuano a parlare di "governabilità", una parola sottile e innocente che nasconde la loro ostinata pretesa a guidare e dominare.
Ma, nonostante tutto, la tecnologia attuale favorisce lo sviluppo e la diffusione di nessi e flussi aperti. Questo rende possibile la realizzazione di un altro principio che è alla base della evoluzione verso forme più elevate di vita personale e sociale: la moltiplicazione cognitiva.

Moltiplicazione Cognitiva (^)

L'apertura del sistema facilita la moltiplicazione dei collegamenti (nessi) e lo scorrimento (flussi) delle informazioni tra le entità.
Nella realtà delle cose, il valore (utilità) di una rete è dato dal numero di collegamenti che rende possibile un certo numero di flussi. In altre parole, il potere di una rete è relativo al livello di connessioni che rendono possibili un certo livello di scambi, in una spirale crescente di valore e di scelte.

"Il valore di una rete, definito in termini di utilità per una popolazione, è grosso modo proporzionale al numero di utenti al quadrato."
(The Metcalfe’s law)


In termini più generali, la molteplicità di liberi scambi porta all'emergere di combinazioni originali di idee e di fertili associazioni tra individui.
È un processo simile al flusso di dati tra le sinapsi, cioè tra i punti di connessione delle cellule del cervello: maggiore è il numero di sinapsi, più fertile è il cervello. A ciò possiamo aggiungere che più libero è il flusso di dati, maggiore il numero di connessioni che si formano nel cervello e quindi più potente esso diventa, in una progressione dinamica di moltiplicazione cognitiva dell'individuo.

A livello di gruppo o di relazioni tra gruppi, la moltiplicazione cognitiva che emerge dagli scambi produce energia creativa che è la linfa vitale dell'evoluzione umana. Le caratteristiche principali dell'evoluzione umana sono la libertà personale e la capacità di agire dell'individuo.
Questo è il motivo per cui i governanti, al fine di bloccare il cambiamento (evoluzione) cercano di ostacolare gli scambi o di confinarli all'interno di un territorio controllabile.
E questo è anche il motivo per cui tutti gli ostacoli (anche quelli presentati come regolamentazioni) alla libera circolazione di idee, persone, prodotti, rappresentano freni alla moltiplicazione cognitiva. Essi sono crimini contro lo sviluppo degli esseri umani e quindi crimini contro l'umanità.

Questi crimini sono commessi ogni giorno dagli intellettuali a base nazionale che sono fautori di una identità nazionale (o di qualsiasi tipo di identità) invece di lottare perché ognuno sia libero di sviluppare una personalità pienamente aperta e sviluppata. Ciò facendo essi mostrano quanto poco siano interessati al progresso della conoscenza e quanto siano invece preoccupati di essere messi da parte da nuove idee e da nuove figure che arrivano da fuori della loro ristretta cerchia nazionale.
La moltiplicazione cognitiva, che risulta dall'operare di reti potenti (personali e sociali) di scambi molteplici, sorge dall'esistenza della varietà. Questo fatto ci conduce al prossimo principio: la varietà necessaria.

Varietà necessaria (^)

Il punto di partenza per molte realtà in evoluzione è rappresentato da una condizione di mancanza di diversità e di elaborazione. È come un brodo primigenio da cui a tempo debito emergono elementi distinti che, più si sviluppano, più generano varietà.
Se questo è vero, allora è corretto affermare che una comunità sviluppata è composta da una straordinaria varietà di esseri umani con una elevata varietà di disposizioni, desideri, disegni operativi, in altre parole caratteristiche di vita e forme di espressione.

Il processo di evoluzione/sviluppo appare muovere generalmente dall'uno (un elemento, un aspetto, una funzione, ecc.) ai molti, in altre parole dall'identità e dall'uniformità alla individualizzazione e differenziazione. Potremmo definire questo processo come una dinamica verso la varietà che sorge dalla libertà di trasformazione e combinazione delle entità.
Per trattare la varietà in maniera appropriata ed efficace, preservandola se e quando essa rappresenta una realtà positiva e l'indice di una condizione (personale e sociale) più avanzata, c'è un solo mezzo ed è l'impiego della varietà stessa.

In altre parole, padroneggiare la varietà richiede meccanismi e procedure operative che racchiudono una varietà di risposte in armonia e in relazione con la varietà di possibili situazioni e combinazioni.
Questo è conosciuto come il Principio della Varietà Necessaria.

"Se, per esempio, un fotografo dovesse avere a che fare con venti soggetti che sono (dal punto di vista dell'esposizione e della distanza) differenti, allora la sua macchina fotografica dovrebbe ovviamente essere in grado di consentire almeno venti differenti messe a punto se vogliamo che tutte le fotografie abbiano una uguale densità e nitidezza."
(W. Ross Ashby, An Introduction to Cybernetics, 1956)


"La Legge della Varietà Necessaria (Law of Requisite Variety) rappresenta lo strumento principale per comprendere il modo in cui i sistemi possono essere controllati. La legge, come formulata da W. Ross Ashby (1964) afferma semplicemente che: 'solo la varietà può distruggere la varietà.' In altre parole, per controllare un sistema di una certa varietà dobbiamo associarlo con un sistema di controllo avente una necessaria varietà."
(George Chadwick, A Systems View of Planning, 1971)


Da questo principio ne consegue che un meccanismo centralizzato di organizzazione che fa affidamento solo su un insieme convenzionale e limitato di risposte è adatto, forse, per una piccola tribù ferma all'età della pietra o per alcuni casi straordinari, ma è del tutto insufficiente in qualsiasi altra situazione, e soprattutto quando si fa riferimento a individui e gruppi più o meno avanzati. Se è in vigore un meccanismo centralizzatore, esso serve solo a bloccare lo sviluppo, anche se promuove inizialmente le crescita, per decenni (come nel caso della ex Unione Sovietica) o per secoli. Sfortunatamente, questo è quello a cui siamo ancora soggetti con i nostri governi centrali, banche centrali, amministrazione centralizzata della giustizia, ministero dell'educazione nazionale, e così via. Ed ecco perché siamo attualmente bloccati in società che non hanno futuro, essendo il loro futuro la pura e semplice replica del loro passato.
Il principio della varietà necessaria si lega ad un altro principio: le esigenze della situazione.

Esigenze della situazione (^)

Uno dei consigli più difficili da mettere in pratica quando si affronta un problema è di sbarazzarsi di tutte le idee convenzionali e stereotipate ed esaminare il caso da una prospettiva totalmente nuova.
Questo potrebbe significare che, talvolta, i fatti che caratterizzano il caso in esame richiedono a noi di mettere alla prova una idea nient'affatto plausibile e che per questo è stata subito abbandonata. Facendo riferimento a un gruppo impegnato in un problema, ciò potrebbe persino significare la ridistribuzione dei compiti attribuendo il ruolo principale a una persona che occupava, fino a quel momento, una posizione secondaria, divenuta ora centrale nel nuovo piano operativo.

In altre parole, i processi di risoluzione dei problemi potrebbero richiedere un totale revisione di decisioni precedenti e di regole convenzionali, rendendo possibile per una pietra rigettata diventare la pietra di volta e per qualsiasi re finire di essere meno importante e prezioso del due di briscola.
Queste possono essere tutte risposte alle esigenze della situazione e il fatto che decidiamo di non ignorare tali richieste può rappresentare la differenza tra risolvere problemi o moltiplicarli.

"Penso che sia davvero una questione di ripersonalizzazione. Noi, individui, abbiamo relazioni l'uno con l'altro ma dovremmo situarle all'interno e attraverso l'intera situazione. Non possiamo intrattenere alcuna relazione organica l'uno con l'altro se la prendiamo fuori del contesto che le dà significato e valore. Questa separazione della persona dalla situazione provoca notevoli danni."
"Da un certo punto di vista potremmo chiamare l'essenza della scienza dell'organizzazione come il tentativo di scoprire la legge della situazione. Nell'ambito della scienza organizzativa i managers sono sottoposti a comandi tanto quanto i lavoratori, perché tutti e due obbediscono alla legge della situazione. Il nostro compito non è quello di far sì che le persone obbediscano agli ordini, ma di arrivare a metodi attraverso i quali possiamo scoprire l'ordine insito in una particolare situazione. Quando esso è individuato, il lavoratore dipendente può impartirlo al datore di lavoro come il datore di lavoro può impartirlo al lavoratore dipendente …"
"… l'autorità [dovrebbe essere vista] come inerente alla situazione, non come legata ad una posizione ufficiale."
"… l'autorità legittima deriva dalla coordinazione, non la coordinazione dall'autorità."
(Mary Parker Follett, Dynamic Administration, 1941)


Chiaramente tutto ciò è anatema per i discorsi e le pratiche sociali dominanti, in cui i ruoli sono fissati e organizzati gerarchicamente fin dall'inizio, iniziando da coloro che sono al potere (il vertice) i quali commissionano la ricerca, gli esperti (la fascia intermedia) che sono pagati per effettuare la ricerca e coloro (alla base) che sono l'oggetto della ricerca. Il fatto che una analisi della situazione potrebbe rivelare che la base, lasciata libera di operare, potrebbe risolvere il problema meglio degli esperti ingaggiati dal vertice non è un dato che è preso in alcun modo in considerazione, altrimenti gerarchie e ruoli cristallizzati scomparirebbero subito e i cosiddetti esperti vedrebbero la terra sprofondare sotto i loro piedi.
Un'altra possibilità, del tutto ignorata dagli scienziati sociali, consisterebbe nel congegnare e realizzare situazioni che producono una fertile concorrenza (emulazione) e cooperazione (sinergia) attraverso cui i problemi sono risolti appena si presentano (o anche prima che si manifestino totalmente) dalle persone che ne sono direttamente a contatto, senza attendere ogni volta l'arrivo di esperti venuti dall'esterno. Le esigenze della situazione diventerebbero quindi opportunità per attivare un processo di apprendimento continuo ed esteso.

Tutto ciò è solo un pio desiderio fino a quando rimaniamo all'interno dell'attuale teoria e pratica degli scienziati sociali. Infatti, se qualcuno deriva un vantaggio (potere, prestigio, reddito) dall'esistenza di un problema, e se, inoltre, la sua vita (tirocinio, occupazione) ruota intorno all'esistenza di quel problema, è molto probabile che quella persona non sia interessata né possa essere coinvolta nel promuovere situazioni che facilitino soluzioni autonome dal basso o nel trovare soluzioni buone e definitive. Ma questo è proprio quello che le esigenze della situazione richiedono.
Il principio delle esigenze della situazione si collega ad un altro principio basilare: la sfida.

Sfida (^)

Come già precedentemente evidenziato, gli scienziati sociali sono più inclini a narcotizzare le persone che sono in una situazione problematica, promettendo una soluzione dall'alto da parte di professionisti, piuttosto che lasciare che le persone accolgano la sfida e trovino da sé la soluzione.
Il non accettare la sfida (ad es. per paura di non essere all'altezza) o il non essere liberi di accettare la sfida (ad es. a causa dell'esistenza di talune barriere o distorsioni statali in alcuni settori di possibile intervento, quali ad esempio l'educazione), sono fonti di moltissimi disastri morali e materiali concernenti l'essere umano.

Questa paralisi della vitalità blocca l'individuo in una situazione statica di dipendenza da un qualsiasi potere esterno, sia esso un aggressore brutale, un soccorritore che si suppone benevolo o qualsiasi capriccio della natura.
L'essere umano non soffocato da padroni e stregoni è, generalmente, un individuo intraprendente, curioso di apprendere e desideroso di agire.

Nel corso della storia le persone hanno affrontato ogni sorta di sfida ed hanno persino inventato ogni sorta di sfide sotto forma di giochi, avventure, spedizioni, gare, e così via. Assumere una sfida significa competere con altri o con sé stessi. Dalla competizione deriva la competenza ed è soprattutto attraverso la competizione che le persone possono diventare competenti.
La fida dovrebbe essere proporzionale alle capacità e il livello di difficoltà nella sfida dovrebbe crescere in relazione alle nuove acquisizioni di capacità. In questo modo, la tensione nell'affrontare un problema è accompagnata da un rilascio creativo della tensione, ad es. impegnandosi nel raggiungimento di un risultato conseguibile o nella scoperta di una soluzione possibile.

"Abbiamo scoperto che le civiltà sorsero in ambienti insolitamente difficili e non insolitamente facili, e questo ci ha portato a chiederci se tale fatto non sia il portato di qualche legge sociale che potrebbe essere espresso nella formula: 'maggiore la sfida, maggiore lo stimolo'."
(Arnold Toynbee, A Study of History, 1946)


Il crimine degli scienziati sociali consiste nell'aver condannato le sfide come perturbazioni dell'ordine sociale (talvolta qualificandole sotto l'etichetta negativa di "darwinismo sociale") e di averle accantonate tranne che in contesti specifici in cui professionisti della competizione gareggiano tra di loro di fronte ad un pubblico pagante.
Tutto il resto è stato altamente regolato, eliminando ogni possibile sperimentazione sociale che potrebbe rappresentare una sfida ai sacerdoti del culto dominante, i soli abilitati ad effettuare esperimenti attraverso la pianificazione economica e le disposizioni di legge.

Considerando che il progresso personale e sociale ha origine dal coinvolgimento in nuove e più impegnative sfide (che non hanno nulla a che vedere con la produzione da parte del potere di falsi obiettivi da seguire e di falsi nemici da sconfiggere), l'assenza di vere sfide potrebbe essere un segno inquietante di prossimi disastri personali e sociali.

Il quadro generale (^)

I vari principi teoretici e strumenti pratici precedentemente evidenziati dovrebbero essere visti come ipotesi di lavoro da utilizzare nella misura e fino a quando essi si applicano alla realtà in maniera produttiva e razionale.
Nella scienza non esistono credenze sotto forma di dogmi la cui validità è verificata e accettata una volta per tutte.
Quello che dovrebbe essere chiaro, attualmente, esaminando il modo in cui la conoscenza è fatta avanzare, è che le scienze sociali stanno fallendo di continuo nel compito di produrre scienza, e cioè nuova conoscenza. È probabile che questa situazione si protragga e peggiori a meno che individui creativi e attivi riescano a superare tre errori fondamentali che caratterizzano gli scienziati sociali contemporanei. Essi sono:

1. I punti sbagliati
2. I totem assurdi
3. Le vedute ristrette


1. I punti sbagliati all'ordine del giorno (nell'agenda sociale)

Gli scienziati sociali hanno messo nell'agenda delle scienze sociali una serie di punti erronei, generalmente sotto forma di contrapposizioni nette.
Se la corretta individuazione del problema (vale a dire, della materia o area su cui focalizzare l'attenzione) può essere considerato un notevole passo in avanti verso la sua soluzione, il mettere punti sbagliati all'ordine dl giorno è come rendere il problema ancora più difficile, allontanandosi notevolmente dalle soluzioni.
Punti errati nell'agenda sociale sono, ad esempio, le seguenti polarità:

- natura-ambiente (nature-nurture)

"La controversia [natura-ambiente] costituisce uno pseudo-problema, perché si basa su false premesse. Che l'organismo sia un microbo, un chicco di grano, un insetto, o un essere umano, tutte le sue caratteristiche sono ereditarie, e sono anche determinate dall'ambiente."
(René Dubos, Man Adapting, 1980)


- corpo-mente

"L'abitudine di parlare di entità distinte, il corpo e la mente, è così profondamente insita nelle nostre tradizioni linguistiche che a molte persone sembra assurdo interrogarsi sulla sua fondamentale validità. Ma questo problema, come molti altri, possiede complessità che non sono apparenti al senso comune."
(J. Z. Young, An Introduction to the Study of Man, 1971)


- individuo-società

"[…] È soprattutto necessario evitare di postulare la 'società' come una semplice astrazione opposta all'individuo. L'individuo è un essere sociale. La manifestazione della sua vita - anche quando non appare direttamente come una manifestazione sociale, compiuta in associazione con altri esseri umani - è nondimeno una manifestazione ed una affermazione della vita sociale."
(Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844)


- destra-sinistra

"Immagina che tipo di scienza sarebbe la zoologia o la cristallografia se ogni entità fosse ridotta ad una sola dimensione, classificando tutti gli oggetti solo in base alla loro grandezza o a seconda che fossero scuri o chiari, lisci o ruvidi. In realtà, anche questo modo di classificare sarebbe un successo, perché almeno tali qualità esistono e formano un continuum; invece nessuno è riuscito a stabilire il significato di Sinistra e Destra e le persone continuano a scontrarsi tra di loro su Chi è a Sinistra o a Destra di Chi."
(Stanislav Andreski, Social Sciences as Sorcery, 1972)


- parti-intero

"Le parti e gli interi non esistono in termini assoluti nelle sfere della vita."
(Arthur Koestler in, Beyond Reductionism, 1969)


- globale-locale

"Il nostro è un mondo del tutto nuovo in cui tutto avviene all'unisono. Il 'tempo' è finito, lo 'spazio' è svanito. Viviamo ora in un villaggio globale … fatto di eventi simultanei. La nuova interdipendenza elettronica ricrea il mondo a immagine di un villaggio globale."
(Marshall McLuhan & Quentin Fiore, 1967)


Altre temi che hanno attratto inutilmente molta attenzione e e sciupato senza ragione molte energie che sarebbe stato meglio impiegare diversamente sono:

- La fine della storia: il capitalismo ha vinto, il comunismo ha perso. Fine della storia.
Questa è una tesi ridicola di per sé considerando che la storia non finisce fino a quando continua l'avventura umana. È ancora più ridicola per il fatto che il capitalismo è finito da un pezzo, rimpiazzato dallo statismo, e i governanti dell'Unione Sovietica non hanno mai attuato il comunismo (socializzazione di tutti gli strumenti produttivi e eguagliamento delle condizioni di vita) ma una forma arretrata di statismo. Questa tesi rassomiglia all'affermazione di Hegel secondo cui, con la formazione dello stato prussiano, si era raggiunto lo stadio finale della civiltà.

- Lo scontro delle civiltà: noi siamo i buoni, loro sono i cattivi. Fine del discorso.
Gli scienziati sociali e i governanti statali hanno disperatamente bisogno di un nemico (gli anarchici, gli ebrei, i comunisti, gli islamici, ecc.) altrimenti sarebbero disoccupati. Non c'è quindi da stupirsi che, dopo la caduta del muro di Berlino, una idea così insulsa come lo scontro delle civiltà abbia ricevuto tanta risonanza e tanto consenso da parte degli "intellettuali". Colmava una profonda necessità politica e, poco importa se si tratta di pura spazzatura mentale.

- La corsa verso l'abisso: l'ascesa di coloro che sono alla base della piramide rischia di far precipitare tutti verso l'abisso.
Questo è la più velenosa di tutte le bugie diffuse dagli scienziati sociali e rivela il comportamento tradizionale di tutti i gradassi di questo mondo i quali, una volta raggiunta una posizione di forza, vogliono salvaguardarla attraverso il protezionismo (chiamato 'fair trade') e il monopolismo (chiamato 'misure anti-dumping').

Molti scienziati sociali sono o direttamente responsabili di questi punti sbagliati all'ordine del giorno delle scienze sociali o hanno permesso che le loro menti fossero popolate da questi temi fasulli con i quali essi, a loro volta, hanno riempito le menti di molti studenti e lettori. Alcuni di questi diventeranno scienziati sociali e continueranno la catena di discussioni idiote e senza senso presentate come dibattiti profondi e istruttivi.

2. I totem assurdi (nell'agenda sociale)

I punti sbagliati all'ordine del giorno, una volta accettati e perpetuati, hanno la tendenza a diventare, molto spesso, totem (simulacri) assurdi, che non possono e non debbono essere messi in questione.
In generale, le persone che hanno come obiettivo principale il potere, abbelliscono con affermazioni suadenti, piene di buone intenzioni, il modo in cui essi utilizzeranno il potere a cui aspirano così intensamente. Gli intellettuali in quanto sacerdoti della vita sociale sono affascinati da questi proclami accattivanti che promettono soluzioni per qualsiasi malanno sociale. Sono quindi pronti a dare struttura e risonanza a queste dichiarazioni quanto più esse sono pieni degli assurdi simulacri della vita sociale.
Ad esempio 'democrazia' è uno di questi simulacri e, probabilmente con 'socialismo', è il più avvincente e affascinante di tutti. La democrazia è il credo comune e indiscusso di tutti gli scienziati sociali tradizionali. L'ammettere apertamente di essere contro la democrazia è, tuttora, visto come un atteggiamento blasfemo. È fuori della portata dello scienziato sociale tradizionale pensare che, essere a favore dell'autonomia e della responsabilità dell'individuo, significa necessariamente essere contro la tirannia della maggioranza, che è ciò che la democrazia è concretamente, se andiamo oltre le dichiarazioni fumose e vuote in difesa dei diritti delle minoranze.

"Il mondo non ha ancora compreso la base spirituale della rivoluzione del Nazionalsocialismo e sta ancora perdendosi in discorsi su democrazia contro dittatura, e non si rende conto che la rivoluzione tedesca è democrazia nel senso più elevato del termine. … Io faccio parte del popolo e non sono un intellettuale straniero o l'apostolo di una rivoluzione internazionale."
(Adolf Hitler, da un discorso al Reichstag, 30 Gennaio 1937)


Per questo motivo, al fine di sostenere i simulacri, gli scienziati sociali devono farli apparire per quello che essi non sono nella realtà dei fatti (ad es. la democrazia come potere delle persone, il socialismo come la forma di organizzazione incentrata sulla società) e semplici affermazioni devono essere presentate come realtà effettiva (ad es. discorsi a favore della democrazia come democrazia in azione, discorsi a favore del socialismo come socialismo in azione).
A quel punto, gli intellettuali sono disposti ad impegnarsi a fondo per raffigurare la realtà instaurata dai nuovi padroni in un modo che minimizzi o addirittura obliteri qualsiasi discrepanza con le promesse fatte che evocano aspirazioni a loro care (almeno in astratto).

Purtroppo, affermare semplicemente che si ha l'intenzione di risolvere un problema non ci porta nemmeno all'inizio di una soluzione; o chiamare una società socialista, liberale o democratica non fa avanzare nessuno sulla strada del benessere, della libertà e della autonomia dell'individuo.
Ciononostante, per gli intellettuali logorroici, parole allettanti e affermazioni reboanti sono proprio ciò di cui hanno bisogno. Lì essi trovano materiali in abbondanza per esercitare il loro mestiere, elaborando e delucidando quelle dichiarazioni con la produzione di ulteriori documenti, in una moltiplicazione di carta stampata che, assai spesso, è in relazione inversa alla produzione di idee originali e di certo non ha alcuna connessione o impatto con la realtà corrente.

Tutto ciò è in contrasto totale con la scienza che non ha simulacri né sotto forma di maestri intoccabili né di affermazioni sacre. Al contrario, la caratteristica principale della scienza è l'indagine continua al fine di identificare possibili dissonanze tra affermazioni e realtà.
Gli assurdi simulacri degli scienziati sociali sono sia la fonte che il prodotto delle loro vedute ristrette.

3. Le vedute ristrette (nell'agenda sociale)

Le vedute ristrette degli scienziati sociali derivano dal modo in cui gli scienziati (e gli uomini politici) hanno organizzato il sapere ufficiale e la sua trasmissione. Il mondo accademico, diviso in due campi principali (le scienze sociali e le scienze fisiche) a loro volta suddivise in una serie di sotto-aree più o meno delimitate, rappresenta la vera negazione di un approccio scientifico (cioè cognitivo) alla realtà.
Come già sottolineato, tutte queste divisioni hanno iniziato a venir meno in alcune aree e in alcuni casi, ma la maggior parte degli accademici non cederà facilmente i propri diritti esclusivi su alcuni recinti del sapere, anzi si sosterranno a vicenda per mantenere i loro diritti feudali.

Comunque, non tutti sono sul carro del particolarismo geloso.
La presentazione della Teoria Generale dei Sistemi risale alla metà del XX secolo (Ludwig von Bertalanffy, 1950) mentre l'approccio sistemico può essere collocato agli albori della scienza.
Sulla scia della teoria generale dei sistemi altre prospettive interessanti sono state avanzate come il concetto di Holon [da holos = tutto] (Arthur Koestler, 1967) e l'idea della Consilienza [Consilience] o Unità della Conoscenza (Edward O. Wilson, 1998)

"L'organismo va visto come una gerarchia con molteplici livelli composta da sotto-interi semi-autonomi che si ramificano in sotto-interi di ordine inferiore e così via. I sotto-interi a qualsiasi livello della gerarchia sono chiamati holons."
(Arthur Koestler, in Beyond Reductionism, 1969)


"I confini tra discipline all'interno delle scienze naturali stanno scomparendo, rimpiazzati da domini ibridi in movimento nei quali la consilienza è implicita. Questi domini si collegano tra di loro attraverso molti livelli di complessità, dalla fisica della chimica e la chimica della fisica alla genetica molecolare, all'ecologia chimica e all'ecologia genetica. Nessuna di queste nuove specialità è ritenuta più che un punto focale di ricerca."
"Considerato che l'azione umana include eventi originati da cause fisiche, perché le scienze sociali e umane dovrebbero essere impervie alla consilienza, cioè all'unità con le scienze naturali?"
(Edward O. Wilson, Consilience, 1998)


Da un punto di vista sistemico/olistico, tutta la realtà è vista come un continuum (di entità, di eventi, di caratteristiche) contrassegnato da varietà all'interno dell'unità.
La visione ristretta degli scienziati sociali cancella sia la varietà che l'unità ponendo al loro posto delle semplici polarità idiote (destra-sinistra, pubblico-privato, individuo-società, ecc.) inventate per loro convenienza come argomenti di interminabile e potremmo aggiungere inutile dibattito.
Dove tutto ciò (punti errati, totem assurdi, visioni ristrette) ci porterà, è qualcosa che dovrebbe concernere tutti. La scienza (vale a dire la conoscenza strutturata) è troppo importante per lasciarla nelle mani di scienziati di professione e, meno che mai, in quelle dei cosiddetti scienziati sociali.

"L'organizzazione e la guida di una nuova società da parte di scienziati socialisti rappresenta il governo peggiore e più dispotico che si possa mai concepire."
(Mikhail Bakunin, 1872)


Occorre ora presentare scenari di futuri possibili e per fare ciò è necessario iniziare concentrando l'attenzione sui tratti principali della natura umana e della dinamica sociale, perché il futuro sarà, come è sempre stato, il risultato di chi noi siamo, di come ci comportiamo e di quanto noi siamo consapevoli del nostro vero essere e agire.

 


Riferimenti (^)


[1844] Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1970

[1872] Mikhail Bakunin, Dieu et l'état
see: http://www.panarchy.org/bakunin/authority.1871.html

[1915] Sigmund Freud, Thoughts for the Times on War and Death
http://www.panarchy.org/freud/war.1915.html

[1932] Walter Bradford Cannon, The Wisdom of the Body
si veda: http://www.panarchy.org/cannon/homeostasis.1932.html

[1941] Mary Parker Follett, Dynamic Administration in A.Tillet, T. Kempener and G. Wills eds., Management Thinkers, Penguin Books, Harmondsworth, 1978

[1946] Arnold Toynbee, A Study of History, Oxford University Press, London, 1957 (abridgement in two volumes by D. C. Somervell)

[1948] Sigfried Giedion, Man in Equipoise
http://www.panarchy.org/giedion/equipoise.1948.html

[1956] W. Ross Ashby, An Introduction to Cybernetics, Chapman & Hall, London
si veda anche: http://www.panarchy.org/ross/variety.1956.html

[1956] Kenneth Boulding, General Systems Theory. The Skeleton of Science
http://www.panarchy.org/boulding/systems.1956.html

[1963] Milton A. Rothman, The Laws of Physics, Penguin, Harmondsworth

[1965] René Dubos, Man Adapting, Yale University Press, New Haven, Enlarged Edition 1980

[1967] Arthur Koestler, The Ghost in the Machine, Hutchinson, London

[1967] Marshall McLuhan & Quentin Fiore, The Medium is the Massage, Penguin, Harmondsworth

[1968] Jean Piaget, Le structuralisme, Presses Universitaires de France, Paris [Structuralism, Routledge and Kegan Paul, London, 1971]

[1968] Ludwig von Bertalanffy, General System Theory, Allen Lane The Penguin Press, London, 1971
si veda anche: http://www.panarchy.org/bertalanffy/system.1968.html

[1969] Arthur Koestler in, Beyond Reductionism. New Perspectives in the Life Sciences, Hutchinson, London, 1969
si veda anche: http://www.panarchy.org/koestler/holon.1969.html

[1971] J. Z. Young, An Introduction to the Study of Man, Oxford University Press, Oxford, 1979

[1971] George Chadwick, A Systems View of Planning, Pergamon Press, Oxford

[1972] Stanislav Andreski, Social Sciences as Sorcery, André Deutsch, London

[1977] Conrad Waddington, Tools for Thought, Jonathan Cape, London

[1998] Edward O. Wilson, Consilience. The Unity of Knowledge, Alfred A. Knopf, New York