Gian Piero de Bellis

La democrazia srappresentativa

(Marzo 2010)

 


 

Una cosa va innanzitutto detta e ridetta: i giornalisti sono oramai i portavoce della disinformazione organizzata, gli strumenti per l'inganno di massa. In alcuni casi non se ne rendono neanche conto perché la loro inclinazione all’oscurantismo e alla menzogna li porta a sorvolare su dati essenziali che caratterizzano la realtà attuale.

Uno di questi dati è la fuga continua e massiccia dal voto. La gente ha capito che votare non serve a niente perché:

- la scelta è illusoria, come quella tra escrementi di cane e escrementi di gatto che sono, entrambi, ugualmente, cacca;

- la scelta è inconseguente: il rappresentante non solo non rispetta le promesse illusorie fatte ma non le può rispettare e non è neanche tenuto a rispettarle.

Di tutto questi i giornalisti non ne parlano ma, ciò che è più grave, nascondono la realtà. Navigando su Internet è difficile trovare il dato del non voto nelle elezioni regionali in Francia del 15 Marzo 2010. È quasi nascosto, un dettaglio irrilevante di cui poi non si farà alcun riferimento negli aggiornamenti successivi.

Eppure quel dato (quasi il 54% di astensioni) è quello più importante che emerge dalle elezioni. Quando più della metà delle persone non esercita un suo diritto vuol dire che quel diritto è una farsa oscena, un gioco delle parti e che la gente lo ha capito e non ne vuole più sapere.

Questo vuol dire che siamo entrati finalmente e apertamente nell’epoca della democrazia srappresentativa.

Non che la democrazia abbia mai rappresentato davvero il volere del popolo (e poi quale popolo?). Però l’esistenza dell’illusione che fosse così dava al gioco elettorale una patina di plausibilità e di rispettabilità. Se la gente ci crede e vuole essere presa in giro andando a votare, illudendosi di contare, peggio per loro, ma è così.

Adesso non è più così. La gente non ci crede più e non va più a votare.

Allora, è tempo di modificare le regole. Se ad una elezione non partecipa almeno il 50% degli elettori è ragionevole attendersi che l’elezione sia considerata invalida e che i seggi non vengano assegnati.

Se ciò non avviene allora vuol dire che il gioco è totalmente truccato e che è gestito da bari di professione (i politici) coperti da una banda di manipolatori (i giornalisti).

Questo fatto era già chiaro a coloro che da una parte avevano studiato che una delle caratteristiche essenziali della democrazia è che non vi è tassazione senza rappresentanza (no taxation without representation) e dall’altra vedevano molte persone che lavorano e pagano le tasse escluse dal voto (ad es. i lavoratori stranieri).

Comunque, molti credevano ancora nella democrazia perché in alcuni paesi la maggioranza andava davvero a votare. Adesso ciò è sempre meno vero.  

In sostanza da una democrazia maggioritaria rappresentativa, fasulla, monca e in alcuni casi pericolosa (quando entrava a decidere nella sfera personale) stiamo passando ad una democrazia minoritaria srappresentativa, del tutto fasulla, monca e altamente pericolosa (una minoranza vota ed un ristrettissimo numero di persone decide per tutti).

Dobbiamo perciò far capire anche a coloro che si beano della parola democrazia che il non andare a votare rappresenta un voto di sfiducia, come non andare a vedere un certo film rappresenta una bocciatura di quella pellicola. Allora, se per un film si tratta di produrre qualcosa di diverso, con un migliore soggetto e migliori attori, per la rappresentanza politica si tratta di rivedere tutto il contesto della politica. Forse quello di cui abbiamo davvero bisogno è un meccanismo diverso attraverso il quale le persone votano ogni giorno attraverso le scelte che fanno di acquistare un prodotto, di finanziare un progetto, di entrare a far parte di un gruppo, e così via.

E se una volta tanto attuassimo davvero un meccanismo basato sulla libertà e responsabilità personale?

 

 


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