Gian Piero de Bellis

L’arte (perversa) di avere (o credere di avere) sempre ragione

(Gennaio 2020)

 


 

Intorno agli anni 1830-1831 Arthur Schopenhauer scrisse un trattatello (L'arte di ottenere ragione), che fu pubblicato solo dopo la sua morte. In esso l’autore, attraverso la presentazione di 38 stratagemmi, mostrava come fosse possibile per qualsiasi persona far prevalere le sue tesi in tutte le discussione. Molti stratagemmi consistevano in imbrogli veri e propri da impiegare quando un onesto approccio non sarebbe mai stato vincente.

Si suggerivano, ad esempio:

- generalizzazioni disoneste
- l'utilizzo di false proposizioni
- provocazioni atte a suscitare l’ira dell’avversario
- confusioni nella presentazione delle questioni
- esagerazioni delle posizioni altrui
- sproloqui privi di senso

e via di questo passo.

Un esempio di disonesta esagerazione è quello descritto da Bastiat nel suo saggio La Legge (1850) quando egli fa riferimento ai socialisti di stato che di sovente praticavano questo stratagemma:

“Il Socialismo di Stato, al pari della vecchia politica da cui esso emana, confonde il Governo e la Società. Per questo motivo, tutte le volte che noi non vogliamo che una cosa venga fatta dal Governo, i socialisti statalisti traggono la conclusione che noi non vogliamo che quella cosa sia fatta del tutto.
Noi respingiamo l'istruzione gestita dallo Stato; allora non vogliamo l'istruzione.
Noi respingiamo una religione di Stato; allora non vogliamo la religione.
Noi respingiamo l'uguaglianza imposta dallo Stato; allora non vogliamo l'uguaglianza, e così via.
È come se ci si accusasse di non volere che gli esseri umani si nutrano, perché siamo contro la coltivazione del grano da parte dello Stato.”

Questa arte perversa di utilizzare pratiche del tutto disoneste al solo fine di mostrare che si ha ragione anche quando, per ignoranza, confusione mentale o altro, così non è, viene praticata in maniera abbastanza diffusa anche oggi, e forse oggi più di ieri. Infatti, l’esistenza dei social networks, Facebook e Twitter innanzitutto, permette a tutti, giorno dopo giorno, di prendere parte a milioni di discussioni in cui si agitano tesi contrapposte. E la voglia di avere sempre e comunque ragione è un desiderio costante quasi insopprimibile per taluni.

Donald Trump, ad esempio, sta mostrando su Twitter come un social network possa diventare una delle fonti massime per diffondere menzogne o anche solo aria fritta. Il presidente americano è il classico caso di colui che pretende di avere sempre ragione e usa tutto il campionario dei più deprecabili stratagemmi per conseguire il suo scopo.

La mia personale esperienza di alcuni anni su Facebook mi ha portato ad individuare quattro tattiche principali di cui si fa ampio uso nelle discussioni che vi hanno luogo.

Esse sono:

- sorvolare. La tattica più semplice è quella di non rispondere mai ad obiezioni serie contro le quali si è del tutto disarmati. Dati precisi, citazioni ben fondate, fatti inconfutabili: tutto quello che potrebbe mettere in imbarazzo va immediatamente cancellato dalla mente e non tenuto in alcuna considerazione. Talvolta avviene anche che il commento stesso, questo indesiderabile oggetto, è cancellato dalla vista altrimenti altri potrebbero appigliarsi a quanto sostenuto in esso e continuare così in un’opera di demolizione di talune convinzioni, il che sarebbe cosa quanto mai disastrosa per la pace mentale del soggetto.

- deformare. Se si è in grado di trovare un benché minimo appiglio, avviene allora che l’altrui scomoda tesi è deformata o anche ridicolizzata il più possibile. Alla fine non si sta più discutendo dell’obiezione seria iniziale ma di una idiozia pura e semplice contro la quale risulta facile avere ragione. E a nulla servono le eventuali precisazioni fornite. Il successo va alle buffonate a cui si accodano i sempliciotti e gli interessati che fanno da coro all’imbroglione.

- distrarre. Se risulta difficile deformare, tanto è chiara la posizione dell’altro e preciso il suo intervento, allora occorre distrarre, parlare di altro, spostare il tema verso altri lidi più congegnali all’imbroglione, ma che non hanno nulla a che vedere o molto lontanamente qualcosa a che vedere con il tema da cui è partita la discussione. In sostanza l’imbroglione vuole sempre giocare in casa, sul terreno amico, con gli applausi dei suoi sostenitori.

- etichettare. Quando proprio tutto fallisce allora c’è l’arma indispensabile e sicura dell’etichettatura. Alla persona viene attribuita una etichetta avvertita da molti del suo clan come sgradevole (comunista, fascista, anarchico, clericale, fondamentalista, islamico, sionista, ecc. ecc.) e la discussione finisce lì. Così facendo l’imbroglione vuol far passare il messaggio che nessun dialogo è possibile con gente simile. Allora il disonesto o scaccia l’intruso (se gioca in casa) o abbandona sdegnosamente il campo dichiarandosi, implicitamente, vittorioso.

Quando uno si rende conto che queste sono le tattiche messe in atto, la cosa migliore da fare è lasciar perdere. Non senza prima aver chiarito o cercato di far capire che simili modi di agire non sono proprio raccomandabili perché:

- addormentano i cervelli nelle banalità e nella menzogna
- distruggono, sul nascere, qualsiasi dialogo interessante e proficuo
- non servono a nessuno se non ai settari e ai propagandisti di professione.

Più di questo è assai difficile fare.
Infatti, solo quando le persone inizieranno a ragionare criticamente con la loro testa, allora i propagandisti disonesti non avranno più un pubblico acclamante o sonnecchiante. A quel punto è forse probabile che costoro diminuiranno notevolmente di numero.

Purtroppo, l’imparare a ragionare criticamente incontra attualmente notevoli ostacoli rappresentati dai mezzi di (dis)informazione (giornali, TV) e di (d)istruzione di massa dei cervelli (scuola statale o parastatale) finanziati dal Grande Fratello Stato o da un Padronato in sintonia con esso.
Per questo la diffusione di forme alternative di comunicazione ed educazione è compito estremamente importante in una strategia di liberazione.
Gli strumenti tecnologici ci sono. Si tratta adesso di avere la volontà e la capacità di utilizzarli al meglio e con costanza.

 


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