Gian Piero de Bellis

Gli inutili idioti

(Giugno 2015)

 


 

Alcuni decenni fa circolava l’espressione « utili idioti » per caratterizzare coloro che, fautori appassionati di una causa, non si rendevano conto che, appoggiando determinate misure, favorivano, almeno a detta dei loro critici, la causa opposta. Ad esempio, i sostenitori della pace, nei decenni in cui questo era un tema promosso soprattutto dai leaders politici dell'Unione Sovietica, erano talvolta definiti utili idioti perché, sempre secondo i loro critici, attraverso il sostegno ad una idea nobile ed accettabile come la pace, davano appoggio ad una causa nient’affatto nobile ed accettabile, il comunismo sovietico.

A questo riguardo, e con riferimento ad altri casi, si potrebbe affermare che anche i socialisti, avversi all’oppressione padronale da qualsiasi soggetto essa provenga, attraverso il loro sostegno ai partiti socialisti esistenti hanno finito per giocare il ruolo di utili idioti rafforzando il potere del più micidiale degli oppressori: lo stato territoriale monopolista. E gli anarchici (o pseudo-anarchici) bombaroli, attraverso il loro comportamento violento, sono stati usati come utili idioti per giustificare il perdurare e il rafforzarsi del Grande Fratello.

Questa espressione (utili idioti) è andata poi progressivamente in disuso, soprattutto dopo la fine del comunismo di stato nell’Europa orientale. Ma ci sono altri casi che potrebbero richiedere la sua rimessa in circolazione e questa volta aggiornandola nella formula di « inutili idioti ».

I soggetti che rientrerebbero in questa categoria potrebbero essere considerati:

- Idioti (come nei casi precedenti) perché attraverso il loro comportamento o le tesi da essi sostenute puntellano proprio ciò che avversano; nel nostro caso particolare, lo stato e l'oppressione statale.

- Inutili (a differenza dei casi precedenti) perché già molti altri sono operativi 24 ore su 24 a servizio della mafia statale (la scuola di stato, la radiotelevisione di stato, i giornali finanziati dallo stato, gli intellettuali pagati dallo stato, ecc.) e quindi essi sono superflui e ridicoli, ovvero del tutto inutili.

L’ipotesi che qui si prospetta, e che andrebbe poi discussa e analizzata in maniera più approfondita, è che molti che attualmente si qualificano con l'etichetta di libertari o di anarco-capitalisti, stanno comportandosi proprio da inutili idioti. Infatti le posizioni che essi sostengono, talvolta solo perché opposte a quelle della cosiddetta sinistra, risultano favorire, nei fatti, l'organizzazione criminale, nota sotto il nome di stato nazionale territoriale, che essi proclamano di detestare.

Questo avviene, ad esempio, attraverso l'espressione-adesione ai seguenti aspetti e atteggiamenti:

1. Un modello economico basato sulla crescita continua e illimitata della produzione e dei consumi. Lo stato, in quanto macchina infernale di spesa parassitaria e di accumulo di debiti ha bisogno di una crescita costante dell’economia per finanziare le sue malefatte e le sue cricche. La sopravvivenza dei tassacomani, ovverosia la possibilità di estrarre il pizzo in maniera continua, dipende quindi da una crescita economica permanente, come auspicato e voluto dagli anarco-capitalisti.

2. Una economia basata sulle grandi imprese. La grande impresa (padroni-dipendenti) è strutturata sul modello dello stato (capi-sudditi) ed è funzionale allo stato che il grande padronato sostiene sotto qualsiasi regime (fascismo, pseudosocialismo, democrazia maggioritaria, ecc.) per poter operare e ottenere benefici e privilegi (sussidi, protezioni, ecc.). Stato e grandi imprese sono da molto tempo soggetti collusi per la sopravvivenza del sistema di potere corrente. Mentre le piccole e medie imprese vanno in malora soffocate dalla burocrazia e dal fisco, i grandi complessi industriali e finanziari hanno trovato e continuano a trovare il Grande Fratello pronto a salvarli (too big to fail).

3. La produzione dell’energia attraverso grandi centrali nucleari. Per fare solo un esempio di quanto ciò sia in sintonia con il modo di agire degli stati, lo stato francese, che può offrire a tutti lezioni di verticismo e centralizzazione, ha da tempo promosso le centrali elettronucleari (21) per la produzione di energia. E questo è e continuerebbe ad essere il modello privilegiato degli stati se non fosse per via di una opinione pubblica contraria al nucleare a seguito di taluni incidenti gravi (Three Mile Island, Cernobyl, Fukushima).

4. Il disprezzo profondo e reiterato delle religioni e di tutti i suoi esponenti, definiti spesso con l’utilizzo delle categorie della politica (fascisti, comunisti). Considerato che l’anticlericalismo e il laicismo sono pilastri ideologici dello statismo e avrebbero dovuto essere abbandonati a seguito della introduzione della tolleranza religiosa, è plausibile vedere nella loro sopravvivenza un sostegno, diretto o indiretto, allo statismo quale unica ideologia ammessa e accettabile.

5. Noncuranza assoluta per i problemi ecologici in quanto la natura è vista quasi esclusivamente come supporto ad un processo allargato di produzione. Si rivela qui, in molti libertari, lo stesso disinteresse per la protezione della natura, a vantaggio esclusivo del produttivismo, che avevano gli esponenti degli stati dell'Europa dell'est sotto il comunismo reale.

6. Dileggio per coloro che hanno stili diversi dal loro (vegetariani, vegani, spiritualisti, animalisti, ecc.). Ad aggiungere al danno la beffa, alcuni anarco-capitalisti che irridono a questi stili di vita e convinzioni sono poi gli stessi che presentano l’anarco-capitalismo come l’ideologia che lascia tutti liberi di sviluppare le forme di vita e di organizzazione sociale ad ognuno più congegnali.

7. Difesa dei sacri confini dello stato territoriale contro il libero accesso e la libera circolazione delle persone. In sostanza, lo stato territoriale, tanto disprezzato a parole, è poi invocato e voluto nei fatti. A tal fine si arriva, cosa che ha dell'incredibile per un libertario, alla difesa degli esponenti di regimi dittatoriali perché essi impediscono ai loro sudditi di muoversi e quindi bloccano l'afflusso di "stranieri" e "clandestini" (due termini di chiara impronta nazional-statalista).

8. Attaccamento al contante (per motivi fiscali e per interessi di breve periodo) quando l'abitudine a forme elettroniche di pagamento potrebbe risultare nell'adozione, nel medio-lungo periodo, di monete virtuali extra-statali, con il conseguente progressivo inaridimento delle fonti di approvvigionamento del pizzo da parte dello stato monopolista.

9. Difesa appassionata dei produttori di armi (ad esempio contro alcune affermazioni di Papa Bergoglio, Giugno 2015). Dal momento che lo stato è attore essenziale in tutti i processi dell’industria bellica (licenza per produrre, licenza per esportare, acquisto e uso di armi) e considerato il fatto che la guerra è la salute dello stato e che senza le armi non puoi fare la guerra, il libertario difensore delle industrie delle armi, con la scusa che è a favore delle armi per uso personale, agisce come la classica foglia di fico a copertura dello stato poliziesco e guerrafondaio.

10. Difesa del mercato, sempre ed ovunque, anche quando il mercato dominante è quello finanziario. Infatti, già nel 2007, le transazioni finanziarie rappresentavano 70 volte il valore del GDP (gross domestic product) mondiale (vedi qui - pagina 8). Inoltre questo mercato è il canale attraverso il quale lo stato si approvvigiona di capitali, necessari alla sua sopravvivenza, sottraendoli alle attività produttive. Oppure è l'arena nella quale banche e fondi pensione giocano con il denaro degli altri.

In sostanza, il decalogo di molti libertari attuali altro non sembra essere che una impalcatura ideologica e pratica per il mantenimento dello stato nei decenni a venire. Chiaramente, quello che essi vorrebbero è il loro stato, il guardiano ottocentesco che protegga le loro proprietà, i loro affari e che di tanto in tanto li salvi da speculazioni avventate, come è sempre avvenuto nel corso degli ultimi due secoli. In sostanza, più capitalstatismo e meno socialstatismo. Ma il risultato sarebbe, sempre e comunque, la perpetuazione dello statismo.

Stando così le cose, il libertarismo, come variante dello statismo, non appare avere molta utilità pratica né per un progetto vero di liberazione dallo stato né per uno, quanto mai improbabile, di riforma dello stato (lo stato minimo). Di statalisti "critici" ce ne sono già in abbondanza in tutti i settori della vita sociale.

Quindi, se uno si presenta come libertario o anarco-capitalista, questa etichetta, come tutte le altre etichette del passato (socialista, comunista, anarchico, liberale) non ci dice più di tanto riguardo alle sue idee, ai suoi atteggiamenti pratici e a ciò che ne potrebbe risultare.

Quello che è invece importante prendere in considerazione in questi casi è una indicazione scientificamente molto valida riassunta nella frase: li riconoscerete dalle loro azioni. Ed è da lì che dobbiamo partire, analizzando innanzitutto il nostro modo di essere, per non fare anche noi parte degli « inutili idioti » che parlano e agiscono senza riflettere su quali saranno le conseguenze reali ed effettive di ciò che diciamo e facciamo.

 


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