Gian Piero de Bellis

Cialtronate marxiste

(Luglio 2015)

 


 

Il vocabolario Zingarelli della lingua italiana (undicesima edizione) dà, tra le altre, la seguente definizione del termine cialtrone: « 2. persona pigra e trasandata o senza voglia di lavorare. »
In questo scritto breve in cui si parla di cialtronate politico-intellettuali, la mancata voglia di lavorare è equiparata alla mancata voglia di documentarsi.
Con l’espressione « cialtronate marxiste » intendiamo quindi fare riferimento al comportamento di coloro che, pur qualificandosi come discepoli e sostenitori di Marx, non hanno fatto il minimo sforzo di documentazione che avrebbe loro evitato di fare affermazioni e offrire interpretazioni del pensiero di Marx del tutto strampalate.

Qui esaminiamo brevemente alcune mastodontiche cialtronate.

Cialtronata n° 1. Trasformare il pensiero di Marx in una ideologia per di più rigida e dogmatica.

Una delle preoccupazioni maggiori di Marx è stata quella di sottolineare che le sue idee non si basavano su vaghe utopie o erano il frutto di preconcette ideologie ma delineavano precise dinamiche reali. Che poi egli sia stato davvero capace di individuarle al punto da poter qualificare il suo pensiero come teoria scientifica è cosa da vedere. Quello che si vuole chiarire qui è che Marx non si proponeva affatto di dar vita ad una nuova ideologia, termine che per lui caratterizza una falsa coscienza della realtà. Per cui gli sarebbe stato del tutto insopportabile vedere la sua concezione diventare appunto una ideologia, chiusa e cristallizzata.
Già alcune avvisaglie riguardo alla deformazione e all’uso strumentale del suo pensiero gli erano apparse chiare quando era in vita. Infatti, in una lettera indirizzata a Konrad Schmidt (5 Agosto 1890) Engels riporta questa affermazione fatta da Marx in riferimento a coloro che si dichiaravano suoi simpatizzanti in Francia: "Tout ce que je sais, c'est que je ne suis pas Marxiste. »
In linea generale, trasformare una interpretazione della realtà in una ideologia significa svuotarla di qualsiasi ipotetico valore scientifico (passato o presente) e utilizzarla come una clava dottrinale con cui sfondare le teste di coloro che non accettano i dogmi che si vogliono imporre tramite essa.
E difatti la scienza non produce ideologie e non si basa su« ismi » contrapposti, come risulta evidente dal fatto che non abbiamo alcun sentore di un Newtonismo o di un Einsteinismo. Cose che solo a pensarci fanno ridere.

Cialtronata n° 2. Affidare agli intellettuali e ai burocratici di partito la guida nella liberazione-emancipazione dei lavoratori.

Uno dei punti fermi del movimento dei lavoratori rappresentato dall’Internazionale è espresso nel Preambolo degli Statuti Generali adottati dal Congresso di Ginevra del 1866 : « L'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi; gli sforzi dei lavoratori per giungere all’emancipazione non devono portare alla formazione di nuovi privilegi, ma a stabilire per tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri. »
Una analisi storica dei partiti che si proclamavano difensori dei lavoratori (la socialdemocrazia tedesca, i partiti socialisti a base nazionale, il partito comunista dell’Unione Sovietica) mostra che tutti hanno disatteso queste premesse diventando delle consorterie oligarchiche che miravano alla conquista del potere statale per garantire, a sé e alla propria cerchia di amici e sostenitori, privilegi di ogni tipo. Già Friedrich Engels aveva chiaro il problema quando affermava che « tutte le sezioni Italiane che si autoproclamano facenti parte dell'Internazionale sono gestite da avvocati senza cause, medici senza pazienti, studenti di biliardo, venditori di commercio e piazzisti vari, e, in special modo, giornalisti della stampa minore di fama più o meno dubbia." (1873, Friedrich Engels). Robert Michels nel suo saggio su La sociologia del partito politico nella democrazia moderna (seconda ed. 1925) afferma che « il partito dei lavoratori ha finito per acquisire i caratteri propri di un notevole accentramento del potere, avendo per base gli stessi principi cardinali di autorità e di disciplina che contraddistinguono l'organizzazione dello stato. » Analisi ribadita da Gramsci per il quale « i partiti non furono una frazione organica delle classi popolari (un'avanguardia, un'élite), ma un insieme di galoppini e maneggioni elettorali, un'accolta di piccoli intellettuali di provincia, che rappresentavano una selezione alla rovescia. » (1929-1935, Antonio Gramsci). Ad ogni modo, anche se fossero stati composti da una élite preparata, avrebbero tradito lo spirito e la lettera delle raccomandazioni contenute nel Preambolo di cui sopra.

Cialtronata n° 3. Presentare l'evoluzione del capitalismo monopolistico in vero e proprio statismo come sviluppo del socialismo.

L’analisi di Marx del’economia capitalistica e della sua inevitabile evoluzione verso il socialismo è incentrata su alcuni punti fermi: (a) il progresso costante del modo di produzione capitalistico attraverso il rivoluzionamento continuo degli strumenti produttivi (b) il gigantismo crescente che porta pochissime imprese a dominare il mercato nei rispettivi settori (c) lo stato che, in quanto comitato di amministrazione della borghesia, interviene per salvare il sistema dalle sue crisi ricorrenti di sovrapproduzione (d) l’accentramento necessario di tutto il potere politico ed economico nelle mani dello stato quale tappa finale dell’evoluzione del modo di produzione capitalistico (e) l’estinzione dello stato in quanto entità non più necessaria e la conseguente affermazione del socialismo.
Questa dinamica, che appare espressa in particolare nel Manifesto dei Comunisti e nelle misure ivi contenute, sarà poi sottoposta a critica da Marx in scritti successivi, quando afferma « nessun rilievo speciale va posto sulle misure rivoluzionarie proposte alla fine della Sezione II. Quel passaggio sarebbe ora formulato, in molti aspetti, in maniera assi differente. »
Eppure, nonostante ciò, non solo questa dinamica assai criticabile e che lo stesso Marx ha praticamente rigettato è stata assunta e ribadita dai marxisti come loro dogma indiscusso e indiscutibile, ma addirittura l’accentramento del potere politico ed economico nelle mani dello stato è stato fatto passare non già come premessa (illusoria) verso socialismo ma come socialismo oramai realizzato. Per cui, quanto più lo stato controllava tutti gli individui, tanto più il socialismo era stato realizzato.
In sostanza una cialtronata gigantesca che non ha equivalenti nella storia delle deformazioni intellettuali. A nulla sono valse le affermazioni di Marx che, in riferimento al programma della socialdemocrazia tedesca approvato al Congresso di Gotha lo bollava come « infettato alla radice dalla fiducia servile nello stato propria della setta di Lassalle. » E aggiungeva con amareggiato disprezzo : « Invece di sorgere dal processo rivoluzionario di trasformazione della società, la 'organizzazione socialista del lavoro' 'sorge' dalla 'assistenza statale' concessa dallo stato alle cooperative di produttori che nascono ad opera dello stato e non per iniziativa diretta dei lavoratori. È degno della creatività di Lassalle immaginare che con i prestiti dello stato si possa edificare una nuova società come si costruisce una nuova ferrovia." (1875, Karl Marx)

Cialtronata n° 4. Definire una rivoluzione di palazzo come rivoluzione socialista e il paese più arretrato e autoritario d’Europa come la patria del socialismo.

Se c’è un aspetto incontrovertibile del pensiero di Marx è che egli vede la società socialista come sbocco dello sviluppo pieno e completo del modo di produzione capitalistico. Il punto centrale di tutta l’impalcatura è che le forze produttive messe in moto e sviluppate continuamente dai capitalisti entreranno poi in conflitto con rapporti di produzione-subordinazione che non sono più in sintonia con il grado di sviluppo di quelle forze produttive (rappresentate in particolare dai lavoratori-produttori) e che agiscono quindi come un freno al progresso. In sostanza il modo di produzione capitalistico integralmente sviluppato è la condizione indispensabile per lo sviluppo del socialismo.
Allora, quando scoppia la Rivoluzione, nel paese più arretrato d’Europa e, il suo capo, l’avvocato Vladimir Lenin, nato in una ricca famiglia della borghesia russa, lancia parole d’ordine rivoluzionarie dichiarando la sua fede marxista, i marxisti avrebbero potuto simpatizzare alla lontana per l’audacia dell’impresa, ma nulla di più. Invece hanno innalzato l’autoritarismo bolscevico, che rimpiazzava l’autoritarismo zarista, a modello di società socialista. Il desiderio di palingenesi universale prevaleva sull’analisi seria e precisa della realtà russa e della concezione di Marx. Infatti, quella rivoluzione non aveva nulla a che vedere con Marx e con le sue idee. Successivamente, quando Stalin ha preso il posto di Lenin, ha trionfato definitivamente uno statismo dirigista, estremamente autoritario e repressivo, lontano mille miglia da quanto sostenuto da Marx per il quale « la libertà consiste nel mutare lo stato da organo sovrapposto alla società in organo completamente subordinato ad essa, ed anche al giorno d'oggi, le forme dello stato sono più o meno libere nella misura in cui limitano la 'libertà' dello stato  » (1875, Karl Marx).


A questo punto val la pena chiedersi perché queste cialtronate hanno avuto corso e si sono affermate?
Qui si avanza una semplice ipotesi.
Esse sono sorte e hanno avuto successo perché rispondevano non solo agli interessi di potere di coloro che volevano utilizzare Marx per dare la scalata al potere dello stato ma anche perché soddisfacevano gli interessi dei loro avversari (i politici cosiddetti liberali).
Si è così formata una alleanza subdola e perversa tra coloro che volevano più stato e coloro che volevano meno stato. L’obiettivo che li univa era il mantenimento, sempre e comunque, dello stato.
La finalità comune era quindi quella di cancellare, per quanto possibile, qualsiasi accenno al superamento e all'estinzione dello stato. Infatti, un movimento organizzato dei lavoratori che avesse reclamato l’estinzione dello stato sarebbe diventato, per i politici liberali, un concorrente scomodo, portatore di una piattaforma formidabile, molto più attraente di quella, sbandierata ma non attuata, dello stato minimo.
Quindi, invece di mettere in luce le cialtronate e le contraddizioni dei marxisti, i liberali le hanno convalidate e rafforzate. E i marxisti si sono sentiti ancora più sicuri nel credere e propagandare le loro cialtronate.

Ma Marx, sostanzialmente non c’entra molto in tutto ciò, come Gesù Cristo non c'entra assolutamente nei processi dell'Inquisizione o nelle cosiddette guerre di religione.
Una volta che abbiamo chiarito e capito ciò possiamo tornare a leggere Marx e a criticarlo-apprezzarlo per quello che ha veramente sostenuto senza svolgere il ruolo né degli idioti manipolati né dei disonesti manipolatori.

 


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