Gian Piero de Bellis

Neo-feudalesimo modello Al Capone

(Settembre 2010)

 


 

Tempo fa, di partenza dall’aeroporto di Stansted (Inghilterra) la ragazza addetta al check-in, notando che il mio passaporto scadeva dopo un paio di giorni mi disse: Torna a casa! Al che mi venne spontaneo ribattere: Casa? Dov’è la mia casa?

Allora la ragazza si è subito irrigidita e mi ha detto che non poteva rilasciarmi la carta d’imbarco. Prima doveva informarsi a quale feudo territoriale io appartenevo (in quanto suddito-servo) in modo da accertarsi su chi era preposto a rilasciarmi l’autorizzazione per circolare in futuro. Chiaramente non ha usato i termini “feudo territoriale” e “suddito-servo” ma la concezione che l’ha portata a fare una telefonata agli organi di controllo territoriale è esprimibile in quei termini.

Una volta mi è stato raccontato questo fatto: dopo il crollo dell’Unione Sovietica un amico ha conosciuto una ragazza russa di cui si è innamorato. Al ritorno in Italia ha pensato che sarebbe stato bello se anche lei fosse venuta a passare un periodo nel cosiddetto “Bel Paese” in modo da conoscersi meglio prima di prendere entrambi una decisione impegnativa come quella del matrimonio. La ragazza ha accettato di passare un periodo ospite della famiglia del ragazzo, se non che il visto di ingresso in Italia non le veniva rilasciato. Alle richieste del ragazzo presso le autorità italiane come mai ci fossero difficoltà a far venire un ospite straniera (spese di vitto e alloggio totalmente coperte dal ragazzo) gli è stato risposto che se era innamorato se la doveva prima sposare e allora non ci sarebbero stati problemi di visto.

In tempi recenti, ho cercato di far venire in Svizzera per aiutarmi nella messa in piedi di un centro di documentazione una persona molto in gamba conosciuta nel Burkina Faso. Tutte le spese coperte (anche il volo di andata e ritorno). La sua venuta era nel mio e nel suo interesse, riguardava solo noi due e non rappresentava nessuna spesa per la collettività. Il visto non è stato mai concesso.

Potrei andare avanti a raccontare altri fatti, ma non voglio annoiare nessuno.

Cosa ci dicono tutti questi episodi? Ci dicono che il feudalesimo non è scomparso ma che esso è alla base del sistema di gestione territoriale noto sotto il nome di statismo (o statalismo) che è nato a seguito del Trattato di Westphalia (1648). Questo modello di stati “nazionali” territoriali ha subito aggiornamenti e modifiche ai confini degli stati decisi dai “padroni” del mondo in riunioni di cui, le più famose, sono il Congresso di Vienna del 1815 e la Conferenza di Yalta del 1945. Il modello comunque è rimasto lo stesso ed è basato sull’imposizione, concordata tra tutti gli stati, del controllo sugli abitanti e dello sfruttamento da parte dello stato di tutte le risorse presenti su un certo territorio. Questa imposizione si chiama: sovranità territoriale dello stato nazionale.

Queste parole altisonanti non ci devono trarre in inganno.

Lo stato territoriale non fa altro che riproporre il sistema feudale su scala allargata. Un altro modo appropriato per definire questo neo-feudalesimo sarebbe chiamarlo sistema Al Capone. Come nel sistema Al Capone le varie famiglie del crimine organizzato si riunivano per spartirsi la città (estrazione del pizzo, controllo della prostituzione e del gioco d’azzardo, ecc.) e, se mancava l’accordo o qualcuno sgarrava, allora ci si sparava a vicenda, così i governanti statali si sono spartiti la terra e, nel caso di disaccordi sulle sfere di dominio, si bombardavano a vicenda (e si ammazzavano o espellevano gli elementi indesiderati). Insomma il sistema Al Capone è l’esatta copia del modello dello statismo territoriale.

Probabilmente anche Al Capone affermava il suo diritto di essere “padrone a casa mia”, ma non si riferiva alla sua sontuosa dimora o alle sue altre proprietà immobiliari. No, lui parlava dell’intera città di Chicago.

Ecco perché quando sento la frase “padrone a casa mia” il faccione di Al Capone con il suo sigaro si sovrappone astrattamente alla faccia del mio interlocutore.

Chiaramente, una persona che vuole essere libera e autonoma non ha la minima intenzione di accettare il modello Al Capone e farà di tutto per venirne fuori. E questo per due motivi principali:

- dignità della persona umana. Una persona che deve chiedere, dietro pagamento, il permesso (passaporto, visto) di spostarsi da un luogo all’altro della terra è in una condizione di asservimento; ed è da questa condizione di servo, che avverto tutte le volte che devo presentare il passaporto, che io voglio uscire. Chiaramente se la vita di una persona si limita a occasionali viaggi in treno tra Rho e Busto Arsizio o la cerchia dei suoi amici è rappresentata dai quattro gatti del Bar dello Sport, allora il problema non si pone. Però, con il massimo rispetto che ho per le località summenzionate e per il Bar dello Sport, esso si pone per coloro che giudicano la terra la loro casa e vogliono essere liberi di circolare, nel pieno rispetto di tutti, dalla Plaza Mayor di Madrid al mercato delle spezie di Mysore.

- difesa della proprietà personale. Sotto il tallone dello stato padrone, la proprietà personale è a rischio permanente: espropriazione, tassazione, vincoli e via dicendo. Nel corso della storia lo stato ha continuamente attentato alla proprietà personale, frutto degli sforzi e delle cure degli individui, per sostituirvi la proprietà legale frutto di rapine e della concessione di privilegi. Nelle parole di Alber Nock, vi è stata sempre “la preoccupazione statale di convertire la proprietà ottenuta attraverso il lavoro in proprietà ottenuta attraverso la legge.” Infatti “una distribuzione legale della proprietà è la ragione per la quale lo stato fu inventato.” (Anarchist’s Progress, 1927).

 

Alcuni, pur essendo contro lo stato padrone, pensano che la soluzione allo strapotere dello stato territoriale consista in una privatizzazione della terra per cui ogni porzione di territorio finisca per appartenere ad un privato cittadino. Questa però mi sembra una strada poco allettante e del tutto contraddittoria con il fine della liberazione sintetizzato dall’espressione Laissez-Faire, Laissez-Passer.

Innanzitutto perché, anche se mi è chiaro chi può essere il proprietario di un campo di grano o di un edificio, non riesco bene a capire, in base a questa ipotesi, chi diventano i proprietari della Foresta Amazzonica, del Monte Bianco o dell’Oceano Indiano (anche perché, in caso di una spartizione, accampo diritti su queste e molte altre località e vorrei essere consultato prima che una decisione venga presa da chicchessia).

In secondo luogo perché lo stato territoriale padrone con cui abbiamo a fare i conti è iniziato con una serie di privati cittadini (il re e i suoi scagnozzi feudatari) che hanno occupato terreni enormi e si sono alla fine spartiti la terra divenendo governanti, cioè padroni, di stati territoriali.

Allora si tratta di inventare/articolare un sistema variegato di diritti di proprietà e di accesso (proprietà personale, comune, universale) che risponda ad una pluralità di esigenze (produttive, ricreative, di conservazione, di circolazione, ecc.) che ci faccia davvero uscire dal sistema neo-feudale modello Al Capone senza riproporlo (in piccolo o in grande) sotto altre forme e con altri nomi.

 

 


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