Gian Piero de Bellis

Il libertarismo (pseudo-libertarismo) come statismo

(Marzo 2013)

 


 

Nel corso delle mie esperienze in gruppi di azione e di discussione ho constatato spesso che l'etichetta con cui uno si definisce non ha talvolta nulla a che fare con ciò che poi la persona davvero pensa e fa.
In particolare, ho incontrato in passato parecchi “rivoluzionari” che poi, nei fatti, esprimevano idee e comportamenti conservatori se non, addirittura, del tutto reazionari. Per fare solo un esempio: l'anti-globalismo di taluni pseudo-anarchici che è, nei fatti, puro e semplice rigurgito nazionalistico e cioè rigetto di tutto ciò che sa di “straniero”.

Questo conservatorismo mi sembra adesso di vederlo anche in alcuni esponenti e simpatizzanti del libertarismo (in Italia e in Europa).
Leggendo interventi e commenti di persone che sono associabili, in linea generale, alla corrente libertaria, se non addirittura esponenti di primo piano, ho scoperto che essi sostengono posizioni che per me sono espressione del più puro conservatorismo. Ad esempio, mi è parso di rilevare, in parecchi casi:

  • Sostegno e simpatia verso regimi feudali autoritari (Gheddafi, Assad) in nome del laicismo e della paura di una minaccia islamica, a mio avviso più o meno inventata dai governanti occidentali attraverso i mezzi di manipolazione di massa.
  • Avversione o stizza verso le tecnologie energetiche alternative e verso tutto il movimento ecologista e conseguente difesa delle centrali nucleari considerate come l'unica forma efficace di produzione dell'energia per i decenni a venire.
  • Disprezzo per tutto ciò che è relativo al risparmio e alla cessazione degli sprechi arrivando poi, forse senza rendersene conto, ad una certa esaltazione dei consumi e della crescita economica, sempre e dappertutto.
  • Accettazione del PIL (prodotto interno lordo) come unico parametro effettivo per calcolare il benessere di una popolazione e svilimento di qualsiasi ipotesi di trovare strumenti alternativi di calcolo (ad es. indicatori sociali e personali).
  • Sostegno acritico di tutte le forme di indipendentismo a base territoriale anche se questo dovesse comportare la creazione di feudi che costituirebbero la riproposizione, in piccolo, del dispotismo statale attuale.
  • Sbeffeggiamento del sentimento religioso in nome di un menefreghismo laico che, come per il passato, sottintende spesso il desiderio di una religione statale (il laicismo) propagandata, se non addirittura imposta, a tutti.
  • Ironia, di tipo prettamente padronale, su alcune proposte di diminuzione radicale dell'orario di lavoro (Beppe Grillo e le 20 ore) come se la tecnologia (congegni automatici, robotica) e il progresso sociale non rendesse ciò del tutto fattibile e auspicabile.
  • Rimpianto per una moneta come la liretta che era una cosa ridicola, svalutata a piacere dai padroni dello stato di una volta, e che appare un'ancora di salvezza solo per gli smemorati e gli illusi di professione.
  • Rifiuto della libera circolazione delle persone come se il fatto che il mondo sia stato diviso in gabbie nazionali sia una cosa del tutto naturale e perfettamente giusta.

Se uno dovesse esaminare i risvolti di queste posizioni troverebbe che esse non perturbano affatto la realtà attuale dello statismo. Infatti, nulla davvero cambierebbe riguardo al dominio totalizzante dello stato se le posizioni di tutti, libertari inclusi, fossero caratterizzate dagli aspetti sopra elencati. Questo perché:

  • Il laicismo è una componente indispensabile dello statismo, in quanto religione che rende tutti uguali ed omogenei, sotto un potere territoriale unico.
  • Il gigantismo, ad esempio quello delle centrali nucleari, si sposa alla perfezione con lo statismo e il centralismo. Non per nulla lo stato francese è in prima fila nel programma nucleare mentre la Confederazione Svizzera ha deciso l'abbandono graduale del nucleare.
  • I consumi e la crescita sono le gambe su cui si regge e marcia lo statismo. Senza la crescita continua della produzione e dei consumi (su cui estrarre il pizzo della tassazione indiretta arrivata alla percentuale pazzesca del 21%, e al 22% da ottobre 2013), lo stato andrebbe incontro a gravi problemi nel far quadrare i conti (com'è il caso attualmente).
  • Il territorialismo (monopolio territoriale) è l'aspetto costituente dello statismo; esso significa che una banda al potere controlla in maniera esclusiva e totalizzante un certo territorio. Passare dal macro al micro-territorialismo (da Italia Stato a Veneto Stato) vuol dire solo illudersi (o illudere) di risolvere così il problema dell'oppressione statale.
  • La statistica (di cui il PIL è una delle espressioni) è un tipico armamentario concettuale dello stato, che riduce gli individui a soggetti (sudditi) lavoratori e consumatori.
  • Il lavoro, quello dipendente, con assunzione a tempo indeterminato, 39 ore alla settimana, è il sogno (malato) con cui i governanti statali hanno contagiato i sudditi (non per nulla la costituzione recita: l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro). Considerare ciò come un aspetto libertario e criticare l'obiettivo di una diminuzione del tempo dedicato al lavoro è qualcosa di semplicemente aberrante.
  • La conservazione degli steccati nazionali, e addirittura la loro moltiplicazione con nuovi steccati regionali, non ha proprio nulla di libertario.
  • Il ritorno ad una moneta nazionale rilancerebbe ancora di più lo stato, soprattutto quello italiano, come profittatore e falsario.

In sostanza, una parte del mondo libertario sembra dare l'impressione di non volere affatto un rottura con il passato-presente ma solo un aggiustamento che ne conservi i tratti principali, sostituendo, tutt'al più:

  • il padronato cosiddetto pubblico con il padronato cosiddetto privato
  • il macro-territorialismo nazionale con il micro-territorialismo regionale
  • l'accettazione del presente (lo stato nazionale) con la voglia nostalgica di un mitico passato (i feudi locali).

Fortunatamente un pensiero conservatore-reazionario, anche se qualificato come libertario, in presenza di una dinamica tecnologica e sociale come quella di cui siamo spettatori-attori, non dovrebbe avere alcun potere di attrattiva. Ma se lo avesse, spingerebbe tutti in un vicolo cieco fatto di miti e menzogne peggiori di quelle che viviamo attualmente.

Personalmente, come ho sempre fatto in passato, cerco di ricavare da ogni concezione generale, principi di valore universale e aspirazioni al passo con i tempi.
Nel libertarismo, il principio di non-aggressione e l'accento posto sulle scelte volontarie degli individui sono i due cardini che, a differenza delle ideologie politiche correnti (pseudo-liberalismo, pseudo-socialismo), evitano di farci cadere in sterili contrapposizioni.

Per questo, tutti gli aspetti sopra esaminati, se dovessero essere presi come assunti validi per la concezione e la pratica libertaria, sarebbero il solito imbroglio ammannito dagli ideologi del libertarismo reazionario, continuatori, sotto altro nome, delle ideologie fallimentari del passato.
Per cui, dopo il liberalismo (padronale) che ha generato lo stato moderno e il socialismo (autoritario) che lo ha consolidato, avremmo il libertarismo (conservatore-reazionario) che lo perpetuerebbe nei decenni a venire.

E contro questa ennesima deformazione, tutti i veri libertari dovrebbero lottare in maniera aperta e decisa.

 


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