Gian Piero de Bellis

Plus ça change ….

(Novembre 2016)

 


 

Il romanziere e giornalista francese Alphonse Karr (1808-1890) in uno dei suoi articoli (1849) coniò una frase che è diventata poi espressione universalmente nota: plus ça change, plus c’est la même chose.
Con ciò si vuol far intendere che, talvolta, al di là di cambiamenti, anche notevoli all’apparenza, le cose rimangono, in profondità, sostanzialmente le stesse. Questo fenomeno è evidente, in particolare, nei rivolgimenti politici. In effetti, la frase fu successivamente riformulata, dallo stesso Karr, con la precisazione che « En politique, plus ça change, plus c’est la même chose. » (En fumant, Paris, 1861, p. 54)

Una idea simile emerge anche nelle parole di Tancredi, il giovane nipote del principe Salina : « Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. » (Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1958). Forte di questo convincimento egli si arruola sotto il tricolore dei garibaldini per costruire la nuova Italia.
Questo modo di pensare e di agire è stato poi definito gattopardesco, a significare il trasformismo delle figure e dei ceti dominanti, che si adattano o addirittura promuovono cambiamenti di facciata al fine di rimanere sempre a galla. In sostanza, le vecchie idee e pratiche riverniciate con colori luccicanti e risplendenti per far apparire il tutto come una realtà nuova di zecca.

Questo fenomeno di trasformazione-per-la-conservazione è quindi piuttosto vecchio. Si potrebbe pensare e sperare che le persone non caschino più in simili mascherate. E invece, come avviene per i sempre affascinanti trucchetti di un prestigiatore, ecco che l’artificio funziona sempre, e alla grande. Anzi, spesso, più le persone si ritengono smaliziate, e più ci cascano. Non si rendono conto che il vecchio, a cui si oppongono, si ritrova pari pari nel nuovo che accolgono entusiasticamente, a braccia aperte.

Vediamo ad esempio come ciò sta avvenendo nella realtà corrente.

L’antipolitica come nuova politica
C’è attualmente un vento di antipolitica che sta soffiando un po’ dappertutto. Lo si avverte nel mondo anglosassone, nei paesi del Mediterraneo, fin nelle piazze dei paesi arabi dove dominano ancora le oligarchie sostenute dagli stati occidentali. La politica ha stancato, parecchi e parecchio.
Allora cosa stanno facendo i più furbi e ambiziosi per venire o restare a galla? Costruiscono la loro carriera sulle ali dell’antipolitica che non è altro che la nuova forma della politica adatta ai tempi attuali. La cosa è vecchia di almeno cento anni, quando gli esponenti di spicco del fascismo bollavano la politica come cosa sporca, e intanto la praticavano in maniera ancora più furbesca degli altri, cambiando proclami e programmi come meglio conveniva alla ditta Mussolini & soci.
Poi ci fu, nel primo dopoguerra, il movimento dell’Uomo Qualunque del commediografo e giornalista Guglielmo Giannini. Esperienza breve di antipolitica (1944-1948) che terminò con i maggiori esponenti che pensarono bene di confluire nei vari partiti politici.
Dobbiamo aspettare l’arrivo di Umberto Bossi e di Silvio Berlusconi per ritrovare di nuovo l’antipolitica intenta a fare politica. Il successo è stato tale che, per molti anni, la politica si è identificata in loro, con grande disappunto dei partiti tradizionali. Disappunto per essere stati sostituiti e non perché la cosiddetta antipolitica riusciva a produrre risultati concreti là dove la politica aveva fallito. Anzi, lo stato, espressione della politica, diventava, per mano dei nuovi venuti, ancora più soffocante e centralista, quanto più si diceva che lo si voleva leggero e decentrato. Come è successo negli Stati Uniti dove Reagan, a parole ha ridotto la sfera dello stato e, nei fatti, ne ha aumentato il peso economico attraverso un buco di bilancio colossale ("Reagan has tripled the Gross Federal Debt, from $900 billion to $2.7 trillion" - Sheldon L. Richman, 1988)
Nonostante ciò, l’antipolitica continua a fare proseliti. Lo vediamo attraverso le figure di Grillo, Farage, Trump (solo per citare alcuni nomi). Con loro appare il quaqquaracchismo all’ennesima potenza, fatto di buffoni che generano, ad arte, l’impressione che stanno dando addosso ai vecchi poteri mentre stanno solo prendendo in giro gli eterni illusi.

Il politicamente scorretto come il nuovo politicamente corretto
Il buffone dell’antipolitica, come il buffone di corte, dice cose che nessuno oserebbe dire. Anche questa è cosa vecchia. I capi del fascismo hanno praticato tutto ciò da maestri, attraverso l’esaltazione della violenza, della razza, della nazione, quando i cosiddetti benpensanti (ad es. i liberali classici) erano per la pace, l’emancipazione e il cosmopolitismo. I fascisti disprezzavano la democrazia e il parlamento e al tempo stesso si presentavano alle contese elettorali per essere eletti … in parlamento. Ma, che importa la coerenza! Ciò che conta è dire cose inusuali (e spesso anche insensate) perché così si può attirare l’attenzione e fare colpo.
I giornalisti, in questo, ci sguazzano, esagerando di proposito anche il minimo accenno di pensiero vagamente scorretto. Essi sanno che, per vendere, bisogna scovare la frase ad effetto, il fenomeno abnorme, come la donna cannone e l’uomo nano negli spettacoli da baraccone. Che poi tutto ciò appaia, ben presto, aria fritta, non c’è bisogno neanche di dirlo: le tasse non saranno abbassate, il libero commercio non sarà praticato, lo stato non andrà in pensione, il carcere di Guantanamo non sarà chiuso, ecc. ecc. E qualora le affermazioni più strampalate fossero davvero tradotte in realtà, ne seguirebbe solo un peggioramento della situazione generale, e quindi nuovo materiale per ricamare sui loro giornali articoli sensazionalisti e fare cassa.

La vecchia democrazia s-rappresentativa come arma per i nuovi padroni
I guappi dell’antipolitica utilizzano, per imporsi, la vecchia democrazia rappresentativa che, ai giorni nostri è, sempre più, una democrazia s-rappresentativa. Adesso, in taluni casi, partecipa al voto meno della metà della popolazione. Nelle elezioni regionali del 2010 in Francia, quasi il 54% degli aventi diritto non si è recato a votare. Nella elezione del Parlamento Europeo (2014), si sono astenuti quasi il 58% degli elettori dei paesi dell’Unione. Il nuovo presidente americano Donald Trump è stato eletto con il 28,7% degli aventi diritto al voto, mentre si sono astenuti oltre il 42% degli elettori. In sostanza, basta un consenso largamente minoritario per accumulare un potere straordinario su tutti.
In questa democrazia s-rappresentativa l’importante non è il numero dei consensi ma il fatto di fare colpo e impressionare-illudere una consistente minoranza. Si tratta quindi di una democrazia-spettacolo dove dominano i guappi, gli intrattenitori, gli attori, i conversatori da salotto, gli esperti nell’arte della manipolazione. Ad uso e consumo degli illusi, degli imbroglioni e dei profittatori.

Quali considerazioni si possono dunque fare in presenza di questi fenomeni?
Innanzitutto una di ordine generale, e cioè che il sistema attuale è talmente ossificato e marcio che pensare di cambiarlo dall’interno con l’immissione, dall’esterno, di figure apparentemente nuove è una illusione da bambini del tutto speranzosi ma niente affatto giudiziosi.

Quello che invece ciascuno, individualmente, dovrebbe fare è operare una riflessione seria che sfoci nella costruzione di un nuovo paradigma interpretativo e operativo.
Questo nuovo paradigma farebbe emergere, con tutta probabilità, la necessità di andare:

1. oltre la politica : la fine della politica, vale a dire della ricerca di un potere che domina tutti, rappresenta il passaggio indispensabile per la fine della corruzione degli uni e del servilismo dei tanti.

2. oltre l’ideologia : l’ideologia, vale a dire talune convinzioni ingessate che si vorrebbero imporre a tutti, rappresenta il guscio in cui si racchiude il politicamente corretto. Occorre invece andare oltre l’idea che debba esistere un pensiero dominante valido e buono per tutti, limitandosi invece alla formulazione di una metodologia che permetta a tutti di esprimere liberamente le proprie idee senza l’esistenza di una entità (lo stato a sovranità territoriale) che imponga a tutti il proprio volere, con la forza o con l’inganno.

3. oltre la democrazia : la democrazia s-rappresentativa attuale è sempre più la base del totalitarismo, favorendo la permanenza di oligarchie affaristiche-parassitarie e di masse subordinate-manipolate. Fortunatamente, gli attuali strumenti tecnologici di informazione e di produzione sono, sempre più, in totale dissonanza con questo sistema e possono agevolare il suo superamento.

La fine della politica, dell’ideologia e della democrazia prelude allo sviluppo di individui liberi che si associano liberamente in comunità volontarie.
E così l’essere umano può smettere di vegetare e riprendere a vivere.

 


[Home] [Top] [Agenda]